ROMA – Ignazio Marino, ultima raffica. Ormai fuori controllo. Lo scontro fra il sindaco di Roma Ignazio Marino e il suo partito, il PD sembra essere gli ultimi colpi ma ancora nessuno è certo.
Il quadro è semplice e al tempo stesso confuso. La trama è semplice: Marino ha rotto con il suo partito PD ed è caduto in disgrazia, il PD lo vuole scaricare. Al Pd si sono accorti in ritardo del disastro che Marino ha provocato ma forse le ragioni per cui lo vogliono scaricare non sono nemmeno quelle giuste. Gli hanno lasciato fare quello che ho voluto, cioè tanti danni, poi adesso per qualche strana ragione hanno fatto precipitare la situazione.
La trama è però anche complessa, perché ogni giorno riserva un colpo di scena sia sul fronte giudiziario sia sul fronte delle della cronaca.
Abbiamo provato a seguire qui attraverso i giornali l’evolversi degli ultimi giorni dello psicodramma. Non si può negare che sia una lettura interessante.
1. Note spese, in Procura settimana decisiva, al via gli interrogatori di tutti i testimoni
La linea di Renzi: niente dialogo prima delle dimissioni definitive del sindaco. Sondaggi molto negativi per il Marziano.di Michela Allegri e Cristiana Mangani, Messaggero 25.10.
ROMA – La procura della Repubblica di Roma è in attesa dell’informativa del Nucleo di polizia giudiziaria della Guardia di finanza, la stessa che si è recata in Campidoglio per acquisire la documentazione contestata al sindaco. Subito dopo procederanno con celerità per definire al più presto l’inchiesta sullo scontrino-gate che ha travolto il primo cittadino. In queste ore il procuratore aggiunto Francesco Caporale e il sostituto Roberto Felici stanno definendo la lista dei testimoni da convocare a piazzale Clodio, e stanno sollecitando le Fiamme gialle affinché depositino in fretta le loro conclusioni sui giustificativi emessi dal Campidoglio dal 2013 ad oggi, per banchetti istituzionali, partecipazione a eventi e viaggi. Il deposito è di fondamentale importanza per l’inchiesta, perché servirà a inquadrare il reato da contestare: il fascicolo è ancora modello 45, anche se la contestazione più probabile sarà quella di peculato.
Marino sta cercando di correre ai ripari. Si è presentato spontaneamente in Procura accompagnato dal suo legale, l’avvocato Enzo Musco, e durante un’audizione durata più di 4 ore ha raccontato ai pm la sua versione dei fatti. Ha fornito spiegazioni e giustificazioni, in particolare per quanto riguarda i 7 scontrini non veritieri utilizzati per rendicontare altrettanti banchetti di lavoro, clamorosamente smentiti dai presunti commensali. «Le firme sui giustificativi non sono mie – ha dichiarato – ho solo portato gli scontrini quando avevo incontri istituzionali e non so altro».
La svista più clamorosa, riguarda una cena pagata con la carta di credito del Campidoglio e consumata alla romana “Taverna degli Amici”. Il pasto era stato incasellato negli atti comunali come «una cena offerta per motivi istituzionali a un rappresentante del World Health organization». Il ristoratore che aveva accolto Marino, però, ha recentemente dichiarato che il sindaco era a cena con la moglie. In realtà, si è appreso dopo, al tavolo era seduta Claudia Cirillo, collaboratrice storica del chirurgo dem.
2. Chi era al ristorante col sindaco?
La testimone di Marino“Io con lui, non la moglie”. Una collaboratrice smentisce uno scontrino sospetto: “Era una cena di lavoro”.
Valeria Pacelli, Fatto, 24.10
C’ero io con Marino alla cena del luglio2013 alla “Tavernadegli amici”. ParlaClaudia Cirillo, un’ex collaboratrice del sindaco di Roma. A quel tavolo, quindi, non c’era la moglie del primo cittadino. La prova che serviva a Ignazio Marino per giustificare ai magistrati la più discussa delle cene pagate con la carta di credito del Comune che hanno portato alle suedimissioni, è arrivata ieri pomeriggio. Cirillo ieri è stata chiamata nello studio del professor Enzo Musco, legale di Marino, dove le sono state fatte delle domande nell’ambito delle indagini difensive.
[…] La cena della quale parla la donna è quella del 27 luglio scorso, diventata imbarazzante per Marino dopo che un ristoratore della “Taverna degli amici” ha raccontato a Repubblica che quella sera d’estate l’ex sindaco aveva cenato con sua moglie. L’oste ricordava anche il vino ordinato: “Una bottiglia da 55 euro, uno Jermann vintage tunina”. Questo pasto è costato 120 euro, il giustificativo agli atti del Comune lo definiv acome “una cena offerta per motivi istituzionali a un rappresentante del World Health Organization ”.
Davanti ai magistrati capitolini, però, Marino ha spiegato che “i giustificativi di solito ricollegano la causale della cena all’ultimo appuntamento della giornata programmato nell’agenda del sindaco”. Poi ha aggiunto che con lui quella sera non c’era la moglie, ma Claudia Cirillo. All’avvocato Musco, la donna ha detto di ricordarsi di quella cena, organizzata “per di-scutere di una collaborazio-ne all’interno dell’am mi ni-strazione capitolina”.
Questa non è l’unica cenavche viene contestata al sindaco: in totale si tratta di sei fatture sulle quali ha cercato di fare chiarezza. Ai pm ha spiegato anche quella del 4 maggio 2013 ai “Tre galli” [o Tre galline?] di Torino da 125 euro. Pagamento che nei giustificativi si diceva relativo a “una cena offerta per motivi istituzionali a don Damiano Modena, incontrato ad Alessandria in occasione della presentazione del suo libro”.
QUI LA DOMANDA IMBARAZZANTE NON DOVREBBE ESSERE CHI C’ERA A CENA COL SINDACO DI ROMA MA COSA INTERESSA A ROMA E AI ROMANI CHE IL SINDCO VADA AD ALESSANDRIA (PIEMONTE) PER LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI UN PRETE.
Don Damiano, al Corriere della Sera, ha smen-tito l’ex sindaco, negando diaver cenato con Marino. Il Fattoha poi scoperto che invece al tavolo c’erano quattropersone. L’ex sindaco, infine,ha ammesso con i pm che DonDamianonon c’era, ma era atavola con “l’assessore di No-vara, Sara Paladini, una per-sona che lo aveva accompa-gnato in auto per tutto il gior-no e uno del suo staff”.Il Fattoha contattato l’assessore Pa-ladini per chiedere confermadella sua presenza: “Si è vero.Eravamo andati alla presen-tazione ad Alessandria per illibro. Alritorno il sindacodormiva a Torino e ci siamofermati a mangiare”. Chi era-no gli altri invitati? “C’era unapersona che è andata via, unaddetto stampa e una perso-na che ci ha accompagnati neitrasferimenti”.
TRA LE ALTREcene sospette che Marino ha cercato di ri-costruire, c’è quella del 26 di-cembre 2013 al “GirarrostoToscano”, a Roma. In base ai giustificativi quella sera avrebbe cenato con “ra pp re-sentanti della stampa, incon-trati per illustrare le iniziati-ve dell’Amministrazione acarattere sociale per il perio-do natalizio”. Ai magistrati,l’ex sindaco ha spiegato chenon c’era la famiglia con lui,come invece è stato scritto suigiornali: la madre, la moglie ela figlia il giorno di Santo Ste-fano di quell’anno si trovava-no a Milo, in provincia di Ca-tania. Luiperò era rientratoper impegni istituzionali, an-che se non ricorda con preci-sione chi ci fosse quella sera.Lo stesso per il banchetto del6 settembre 2013, sempre al“Girarrosto Toscano”. Mari-no in questo caso ammette dinon aver pranzato in compa-gnia dell’ambasciatore delVietnam. Ma non ricorda chifosse il commensale.Le versioni fornite adessosono al vaglio dei magistrati,che le confronteranno conquelle di ristoratori e collabo-ratori, i quali verranno ascol-tati come persone informatesui fatti.
3. Marino non cede e va in piazza. «Le dimissioni? Seguo la legge»
Fabio Rossi, Messaggero 25.10
ROMA – Alla sceneggiatura mancano solo le atmosfere caravaggesche di Intrigo internazionale e il cameo di Alfred Hitchcock. Poi, se il finale sarà all’altezza, Ignazio Marino potrà iscriversi di diritto al club dei maestri del thriller.
Lui, il sindaco dimissionario-ma-non-troppo, continua a tirare dritto: presiede giunte, organizza eventi in periferia per Capodanno, inaugura strade appena ristrutturate. E a chi gli chiede se ci stia ripensando, e sia tentato dalla resa dei conti con il Pd, risponde con una frase standard: «Sto facendo quello che dice la legge». Ossia, prendersi venti giorni di tempo (che scadranno il 2 novembre) per confermare o ritirare le dimissioni presentate formalmente il 12 ottobre. La manifestazione di oggi potrebbe dagli la spinta, in un senso o nell’altro. E lui è tentato dall’idea di resistere, nonostante quasi tutti i suoi assessori siano comunque pronti all’addio e la sua maggioranza si sia ormai liquefatta.
Marino, in realtà, lascerebbe il so ufficio senza ulteriori spargimenti di sangue se il Nazareno gli riconoscesse «l’onore delle armi», sotto forma di riconoscimento politico del lavoro svolto in questi due anni e rotti. Ma da Palazzo Chigi arrivano segnali di tenore opposto, e anche Lorenzo Guerini, vice segretario del Pd, invita a guardare avanti, «a ciò che abbiamo da fare per preparare la città al Giubileo e, poi, alle elezioni amministrative del prossimo anno». In alternativa, il chirurgo vorrebbe andare in assemblea capitolina a esporre le sue ragioni, «spiegando ai romani che non vado via per gli scontrini, ma per giochi politici» e «mettendo in evidenza tutto ciò che è stato fatto dalla mia amministrazione».
Il Pd romano, dal canto suo, vuole evitare il passaggio in consiglio comunale, anche per evitare di dover condividere con l’opposizione i voti su una mozione di sfiducia al sindaco, che non sarebbe appoggiata da Sel e dalla lista civica per Marino.
I dem capitolini, intanto, hanno preparato un documento da utilizzare alla bisogna per spiegare ai romani perché il Pd «non può più appoggiare il sindaco» e ritiene quindi «chiusa la consiliatura». Nella lettera, i democrat romani rimproverano invece all’inquilino del Campidoglio «troppi errori nella gestione della città» e quindi «capacità di governo non adeguate a un compito così difficile». Ma anche «un rapporto troppo spesso conflittuale tra giunta e consiglio» che avrebbe reso «più difficile» amministrare la Capitale «in un momento storico caratterizzato da oggettive difficoltà, anche finanziarie» per Palazzo Senatorio. Piccolo problema: sette-otto consiglieri dem non sarebbero d’accordo a firmare.4. Il Pd prepara la contromossa: se ci ripensa è fuori dal partito
La linea di Renzi: niente dialogo prima delle dimissioni definitive del sindaco.
Sondaggi molto negativi per il Marziano.Marco Conti, Messaggero 25.10
ROMA – In piedi sui sacchi di sabbia il Marziano continua invece a combattere una «personalissima» battaglia, come la definiscono al Nazareno. Ogni ponte tra il partito che lo ha candidato e poi eletto è ormai interrotto. Persino Marco Causi, assessore dimissionario al Bilancio, ha perso la pazienza. Il temporeggiare di Marino non scuote più di tanto il Pd che attribuisce pochissima importanza alla manifestazione di oggi in Campidoglio perché «rischia di raccogliere più un fronte anti-Renzi che pro-Marino».
A difesa del sindaco anche la schiera dei ”tengo famiglia” corposa e trasversale. Andare a casa solo dopo due anni da consigliere, con la prospettiva di non riuscire più a tornare in Campidoglio, fa oscillare Sel, spinge i Radicali a barricarsi con Marino e interroga il variegato gruppone di centrodestra che ha ancora poche certezze dal candidato Marchini. Il tormentone non interessa palazzo Chigi. Renzi, da tre giorni in Sud America, considera la questione chiusa e attende la scadenza dei venti giorni nella convinzione che alla fine Marino non ritirerà le dimissioni. «Si è dimesso, ora il Giubileo e poi le elezioni», è il lapidario de profundis che il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini ha recitato ieri pomeriggio. ”The end”, è scritto sulla porta del Nazareno mentre il diretto interessato pencola e, strattonato dalla pattuglia dei fedelissimi, è alla ricerca di una resa politica sul campo.
«Prima incassiamo le dimissioni e poi si discute, ammesso ci sia da discutere qualcosa», sostiene un renzianissimo deputato che guarda alla manifestazione di oggi in Campidoglio con più di un sospetto. Qualunque sia il prezzo politico che dovrà pagare per l’uscita di Marino, Renzi è disposto a corrisponderlo pur di levare dalla scena il Marziano.
Paradossalmente più l’uscita di Marino dal Campidoglio sarà tormentata e più Renzi è convinto di avere carta bianca per azzerare ciò che resta del Pd romano. Ad imbracciare il ”lanciafiamme” è Matteo Orfini che, forte del sostegno della direzione del partito, è divenuto – dopo il flop della fase-due di Marino” – il più fedele interprete della linea del ”non dialogo” indicata da palazzo Chigi e che in buona sostanza prelude ad una sostanziale messa alla porta dal Pd dello stesso Marino che così sarà tagliato fuori anche dalle primarie.5. Il colpo di scena del sindaco: «Tutti mi dicono “resisti”» E in caso di elezioni è deciso a presentarsi alle primarie .
Simone Canettieri e Fabio Rossi, Messaggero 24.10
ROMA Sembra molto divertito. Di mattina arriva in Campidoglio, saluta i cronisti e assicura: «Sto benissimo». Di pomeriggio in giunta dà il via libera ai concerti di Capodanno nelle periferie. Poi in serata Ignazio Marino, il sindaco dimissionario ma non troppo, dice: «Mi dicono tutti resisti, e allora resistiamo. Non molliamo».
Il sindaco di Roma – le cui dimissioni, se non ritirate, diventerebbero irrevocabili tra otto giorni – lancia l’ultima sfida da Villa Torlonia, intervenendo all’inaugurazione della mostra di Mario Sironi. «Nella vita non bisogna mai mollare – spiega ai presenti – Come ho già detto, sto riflettendo come prevede la legge». Tanto per chiarire, il chirurgo non sta pensando alle prossime elezioni comunali – «Ancora non ci sono», commenta sibillino – e neppure alle primarie del Pd. Ma a quelle dimissioni che ha presentato formalmente lo scorso 12 ottobre, e che potrebbe rimangiarsi fino al 2 novembre.
Marino potrebbe pensare al coup de théâtre: annunciare il ritiro delle dimissioni e convocare il consiglio comunale per il 5 novembre. Non una data qualsiasi, ma il giorno in cui è in programma la prima udienza del maxi processo di Mafia Capitale. Lo scenario è ritenuto dal cerchio magico «più che realistico», anche perché i sondaggi che girano stanno tutti dalla parte del sindaco in guerra con il partito.
L’eventuale mossa a sorpresa di Marino non avrebbe vasti orizzonti politici davanti a sé: quasi tutti gli assessori sono pronti a lasciare la giunta comunque a fine mese (si è consumato lo strappo con il suo vice Marco Causi), e anche in assemblea capitolina, con l’annunciata defezione del Pd, non ci sarebbero più i numeri per governare.
Ma nelle intenzioni di Marino sarebbe un modo per lasciare il colle capitolino da «martire delle trame politiche» e per punire il suo partito, colpevole «di non averlo mai appoggiato nei momenti più delicati».e già squassato tra una base in rivolta per la gestione della crisi in Comune e le critiche a Matteo Orfini. Nel Pd si teme che il passaggio in aula Giulio Cesare possa rivelarsi fatale per l’immagine di un partito già in grossa difficoltà nella Capitale.
Dal cerchio magico del sindaco continuano però a partire segnali di possibili compromessi: Marino chiede un “riconoscimento politico” del suo lavoro, che però dal Nazareno non sembrano aver alcuna voglia di concedere.
Se Marino dovesse puntare allo showdown in assemblea capitolina, il Pd ha già pronto il piano B: una lettera in cui vengono spiegati tutti i motivi per cui il principale partito del centrosinistra «non può più appoggiare il sindaco» e ritiene quindi «chiusa la consiliatura». Il documento, da rendere pubblico in caso di ritiro delle dimissioni, servirebbe a spiegare le ragioni dem e ad annunciare il voto contrario al sindaco ancor prima di mettere piede in assemblea capitolina. In tutto questo c’è il prefetto Franco Gabrielli chiamato a gestire un’evenutale fase commissariale: «A Roma è la stagione di guardare avanti».6.Renzi schiera i democrat: ora resa senza condizioni
Il gelo dei vertici del Pd dopo le ultime esternazioni: nessuna trattativa possibile.
Il leader prima di partire: basta pensare a Ignazio, pensiamo al futuro della città.Nino Bertoloni Meli, Messaggero 24.10
ROMA Marino? «Resa incondizionata. Punto». Firmato: Pd. Oppure: palazzo Chigi. E controfirmato Orfini, il commissario. No, non ci sono né vengono intravisti margini a favore di Marino Ignazio, sindaco dimissionario della Capitale. Per quanto il quasi ex primo cittadino si agiti, rilasci interviste, faccia magari circolare voci di telefonate con esponenti in vista del cerchio renziano, la realtà è un’altra, a suo modo semplice nella sua evidenza: non ci sono trattative in corso, non buonuscite (politiche), non abboccamenti, non inciuci, per assicurare a Marino l’onore delle armi. «Da lui ci si attende la resa incondizionata, dopo e solo dopo si potrà vedere il che fare», dicono e ripetono dal Nazareno sede del Pd.
Attorno al sindaco dimissionario si è fatto il vuoto. Nessuno di quelli che una volta conferivano lo chiama più, anzi si sta ben attenti finanche a telefonargli, «quello è capace poi di convocare i giornalisti e spifferare che mi ha chiamato questo, mi ha chiamato quell’altro», racconta qualcuno rimasto scottato. «Io non lo sento da sei mesi, né lo cerco più», confessava l’altro giorno Michele Meta, coordinatore della componente ai tempi delle primarie per la leadership del Pd poi vinte da Bersani.
Una vulgata di Palazzo vorrebbe che il sindaco uscente abbia nel ministro Graziano Del Rio un punto di riferimento per una (im)possibile mediazione. Ma ci ha pensato lo stesso ex sottosegretario, l’altra sera in tv, a chiarire tutto, quando ha ammesso «vicinanza umana» al chirurgo «ma dal punto di vista politico sta sbagliando tutto».
Niente trattative. Marino deve uscire dal Campidoglio a mani alzate. {…} «dopo quello che ha combinato e sta combinando contro il Pd e, soprattutto, a scapito della città?», insorgono in coro ai piani alti del Nazareno.
«Con Marino non si può fare nulla, è bruciato, è ingestibile, la pensa così anche Nichi», conferma Arturo Scotto, capogruppo alla Camera e vendoliano di ferro.
In pochi credono a una operazione politica volta a sostenere Marino fino al punto di evitare che si dimetta. Anche quell’altra tesi del sindaco dimissionario, «il popolo di Roma è con me», che sembra più un proclama alla Cola di Rienzo che una strategia, è contestata.
Michele Anzaldi, deputato renziano, fa notare che «mentre i trasporti e la metropolitana restano nel caos, il sindaco parla di sondaggi, ma una petizione sul web non si può spacciare per sondaggio, quelli veri piuttosto mettono in evidenza la disaffezione dei cittadini verso la giunta con punte dell’80 per cento».7 La lettera segreta del Pd che boccia Marino
Sarà resa pubblica se il chirurgo dem dovesse fare dietrofront sulle dimissioni: «Non lo appoggiamo più, la consiliatura è finita».
In un documento sono spiegati i motivi della sfiducia al primo cittadino: «Da lui troppi errori, inadeguato a gestire la Capitale».Fabio Rossi, Messaggero 24.10
Il piano B del Pd romano, nel caso in cui Ignazio Marino dovesse ritirare le sue dimissioni, è chiuso in un cassetto negli uffici del gruppo capitolino: una lettera, che alla bisogna dovrebbe essere firmata da tutti i 19 consiglieri comunali dem, in cui vengono spiegati tutti i motivi per cui il principale partito del centrosinistra «non può più appoggiare il sindaco» e ritiene quindi «chiusa la consiliatura».
Nel documento, che nelle intenzioni dei promotori dovrebbe essere reso noto solo nel caso la situazione precipitasse, è scritto nero su bianco che la sfiducia al chirurgo dem non nasce dalle vicende di Mafia Capitale, «dove anzi si è marcata una netta discontinuità rispetto alla precedente amministrazione». E neppure dallo scontrini-gate, «a meno che la Procura non dovesse decidere di procedere nell’inchiesta per il reato di peculato».
I democrat romani rimproverano invece all’inquilino del Campidoglio «troppi errori nella gestione della città» e quindi «capacità di governo non adeguate a un compito così difficile». Ma anche «un rapporto troppo spesso conflittuale tra giunta e consiglio» che, secondo il Pd, avrebbe reso «più difficile» amministrare la Capitale «in un momento storico caratterizzato da oggettive difficoltà, anche finanziarie» per il Comune di Roma.