Sarà l’effetto della crisi. Fatto sta che intere famiglie, italiane e straniere, non pagano il condominio, e gli amministratori hanno i conti in rosso tanto da non avere i soldi per cambiare neanche una lampadina.
Per costringere gli inquilini del condomino a pagare, gli smemorati o chi ci sta semplicemente provando, l’amministratore può solo ricorrere al decreto ingiuntivo. Di qui il boom degli ultimi anni di ricorsi ai giudici. Solo a Milano dal priÂmo gennaio al 2 settembre scorÂso sono stati presentati 26.320 decreti ingiuntivi. In media, 97 al giorno. Emblematico l’ultimo caso nel capoluogo lombardo. Il palazzo di via Monza 92 è «moroso» di oltre 50 mila euro e ha al suo attivo ha ben 6 deÂcreti ingiuntivi. Il palazzo, fa sapere l’amÂministratore, è vicino al falliÂmento. Qualcuno, tra gli inquiÂlini, «ha distrutto il citofono, ha distrutto il pulsante per apriÂre il portone, ha distrutto i lucÂchetti che chiudevano i varchi delle cantine limitandone l’acÂcesso solo agli aventi diritto».
Il ricorso al decreto ingiuntivo non assicura però il rientro di quanto dovuto, almeno in tempi brevi. Ci vogliono dai quattro ai sei mesi per la risposta all’ordine dato dal giudice, dopo di che si passa all’esproprio dei beni dei debitori. In media passano sette anni.
