ROMA – E’ gelo tra il premier Silvio Berlusconi e il ministro dell’Interno Roberto Maroni, e più in generale tra il Pdl e la Lega Nord. Dopo il fallimento della missione del 4 aprile in Tunisia, dalla quale l’Italia ha portato a casa solo una promessa di “disponibilità”, il presidente del Consiglio non nasconde la propria “irritazione” nei confronti del ministro, accusato di “non aver facilitato il raggiungimento di un’intesa politica con la leadership tunisina.
Ma il maggiore terreno di scontro tra le due ali della maggioranza è quello dei rimpatri. La Lega non ci sta. Ha chinato il capo sui permessi di soggiorno temporaneo. Ma non sembra intenzionata a cedere sul ritorno degli immigrati nei loro paesi di provenienza.
Silvio Berlusconi lo sa, e per questo la sera del 4 aprile, di ritorno dalla Tunisia, ha incontrato lo stato maggiore del Carroccio: Umberto Bossi, Roberto Calderoli, Roberto Castelli, Rosy Mauro, Mraco Reguzzoni, Federico Bricolo e Roberto Cota.
I leghisti non hanno nascosto una forte irritazione nei confronti dell’alleato a causa di quelle posizioni, giudicate troppo morbide, nei confronti degli immigrati.
Allo stesso modo nel Pdl ha ripreso vigore la fronda ‘sudista’. Sessantadue parlamentari in una lettera a Berlusconi hanno chiesto di distribuire le tendopoli ”in modo equo e proporzionato sull’intero territorio nazionale, senza continuare a gravare soltanto sul Sud”.
Nel mezzo si trova Roberto Maroni. Il ministro dell’Interno non può non attenersi al suo ruolo istituzionale che gli impone di rappresentare ”l’intero territorio nazionale”, ma deve anche far di conto con le pressioni interne di partito che spingono ad evitare trasferimenti di immigrati al Nord.
Maroni cerca soluzioni ‘salomoniche’, come i permessi di soggiorno temporanei per permettere i ricongiungimenti familiari degli immigrati in tutta l’Europa.
Nel Carroccio, però, prevale la linea di Bossi. ”Fora da i ball”, ha sentenziato il ‘senatur’ la scorsa settimana prefigurando nuove ondate di immigrati anche dalla Libia, nei mesi a venire, proprio quando si vota per le amministrative.
Le parole del sindaco leghista di Treviso, Gianpaolo Gobbo, danno voce alla base leghista: ”In Veneto – dice – non c’è posto per nessuno”. Proprio quello che temono gli alleati del Pdl.
”Si procede per tentativi all’insegna del pressapochismo. Si è passati dai 1500 euro a immigrato per mandarli via, al ‘fora da i ball’ di Bossi, fino alla soluzione Maroni che è stata quella di farli fuggire dalle tendopoli”, afferma Davide Zoggia, responsabile Enti Locali dei Democratici.