Il potere legislativo, almeno sulla carta, spetta al parlamento. Ma, a giudicare da un’inchiesta di Paolo Foschi e Roberto Zuccolini pubblicata sul Corriere della Sera, la realtà dei fatti è decisamente diversa.
Secondo i giornalisti, infatti, delle 102 leggi approvate da maggio 2008, (entrata in carica il governo Berlusconi), 87 sono progetti presentati dal governo e solo 15 nascono da iniziative dei parlamentari. Un sostanziale capovolgimento dei ruoli di potere legislativo ed esecutivo.
Dati che fanno riflettere soprattutto se si paragonano con le proposte di legge che si arenano tra le sabbie delle commissioni parlamentari: senatori e deputati ne hanno proposte oltre 4000 mentre il governo è fermo a quota 150.
Evidente, quindi, che chi conduce i giochi è palazzo Chigi, mentre le idee dei parlamentari, buone o cattive che siano, possono attendere.
Sul piano dei provvedimenti, invece, i giornalisti del Corriere osservano che l’esecutivo si è dedicato soprattutto a leggi di carattere generale come, il pacchetto sicurezza, il federalismo fiscale, la riforma della scuola o il tanto contestato scudo fiscale.
Al parlamento, invece, oltre che la consueta modifica delle leggi di iniziativa governativa, sono rimasti gli spiccioli: provvedimenti come l’istituzione della giornata nazionale contro la pedofilia, l’ammissione al voto domiciliare degli elettori gravemente infermi, il passaggio di alcuni Comuni dalle Marche all’Emilia Romagna, l’istituzione del premio «Arca dell’Arte», la modifica della Commissione infanzia e la proroga delle missioni internazionali.
Poca roba. O forse no, se si considera il numero di ore lavorative dei nostri parlamentari. Foschi e Zuccolini sono impietosi: «Facendo la media (comprensiva anche dei giorni di riposo) viene fuori che un deputato lavora al massimo 16,52 ore a settimana mentre il collega senatore 9 ore e mezza. Mentre partecipa a 3,04 sedute a settimana contro le 3,7 di Palazzo Madama. Con una precisazione d’obbligo: le sedici ore e mezzo sono il “massimo” e sono frutto di un calcolo generoso che non considera le assenze dai lavori parlamentari».