ROMA – Fuori i condannati dal Parlamento: a 48 ore dall’entrata in vigore della legge anti-corruzione è già pronto il decreto attuativo di uno degli articoli più caldi, quello sulla incandidabilità. Restano fuori dal Parlamento, ma anche da Regioni, Province, Comuni, circoscrizioni Asl e Consorzi, coloro i quali hanno subito condanne definitive superiori a 4 anni. Valgono le stesse regole per gli incarichi di governo e se condannati in corso di mandato dovranno dimettersi.
Non c’è una lista dei reati ma un’attenta descrizione di “criteri e parametri oggettivi”, così come auspicato dal ministro della giustizia Paola Severino. Il primo dei paletti tiene fuori dalle istituzioni chi ha subito condanne fino a due anni per reati gravissimi e gravi, quelli elencati al’art. 51, c. 3 bis e 3 quater del codice di procedura penale. Incandidabili i condannati per terrorismo, mafia, sequestro di persona, tratta di esseri umani, contrabbando, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, traffico di rifiuti.
Fuori anche le condanne oltre due anni per i cosiddetti reati dei colletti bianchi: corruzione in tutte le salse, concussione, peculato, malversazione e i due nuovi reati voluti dalla Severino, corruzione tra privati e traffico di influenze. E pure chi ha subito condanne fino a 4 anni per cui è obbligatoria la custodia cautelare.
Fuori anche i condannati per reati fallimentari: bancarotta fraudolenta sì, forse quella semplice no. Restano esclusi solo i reati colposi: ad esempio un incidente stradale in cui il guidatore ha effettive responsabilità.
I tre titolari della delega: il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri, quello della Funzione Pubblica Filippo Patroni Griffi e quello della Giustizi, Paola Severino, presenteranno il testo al prossimo Cdm. Una volta approvato il decreto passerà alle commissioni che dovranno dare parere consultivo entro 60 giorni. Poi l’ultima conferma dal Governo.