All’allora magistrato Achille Toro, nell’inchiesta sugli appalti per i cosiddetti Grandi eventi, viene contestata la rivelazione di segreto d’ufficio. Achille Toro e alcuni tra i soggetti coinvolti avrebbero partecipato ad una sorta di scambio di favori. L’inchiesta, proprio alla luce di queste rivelazioni, è stata trasmessa da Firenze alla Procura di Perugia.
Un’ipotesi formulata anche nella richiesta di rinnovare la misura cautelare a carico di Diego Anemone, Angelo Balducci, Fabio De Santis e Mauro della Giovampaola, attualmente al vaglio del gip. Secondo i magistrati perugini, il corrispettivo fornito a Toro – indagato anche per corruzione e favoreggiamento – per le notizie fornite sarebbe stato un lavoro all’Acea per il figlio Camillo del quale sarebbe stato a conoscenza tutta la famiglia. In cambio del posto di lavoro, il giovane veniva sollecitato dall’avvocato Edgardo Azzopardi a “monitorare” il padre, e cioè – secondo le accuse – a chiedergli informazioni sull’inchiesta romana e poi su quella fiorentina sui lavori per il G8 alla Maddalena, per i Mondiali di Nuoto, e per i 150 Anni dell’Unità d’Italia.
Oltre a Camillo risulta essere coinvolto negli scambi di favore anche l’altro figlio di Achille Toro, Stefano. Quest’ultimo risulta aver ricevuto dall’ingegner De Santis un incarico di consulenza legale in materia paesaggistica relativo ai lavori in corso all’Istituto universitario europeo. L’importo della consulenza è di 40 mila euro, il contratto non risulta ancora formalizzato. Non sembra l’unica consulenza ottenuta da Stefano Toro. In una telefonata del 25 novembre 2009 l’avvocato Edgardo Azzopardi, ben introdotto in ambienti ministeriali, si compiace con lui: «Mi dicono che stai facendo un sacco di lavoro e che stai lavorando molto bene, e sono contento, non avevo dubbi, mi dicono che a Firenze già puoi fatturare il 70 per cento e mi dicono che sul resto… comincia a fatturare il 50 per cento».
Tra le numerose sorprese dell’inchiesta emerge anche che l’ingegner Balducci utilizzava fra le altre una scheda telefonica pagata dall’imprenditore Diego Anemone e intestata a un poliziotto in forze al Sisde.
