Ora sono in molti a tremare: nell’inchiesta della procura perugina sugli appalti spunta una lista di nomi, che sarebbe stata sequestrata dalla Guardia di Finanza in un computer di Diego Anemone nel 2009. Anche Anemone quindi aveva la sua black list, nella quale  figurerebbero tra gli altri Scajola, Lunardi e Incalza.
La lista, in cui sono indicati da un lato i nominativi e dall’altro i lavori eseguiti dalle aziende del gruppo Anemome conterrebbe oltre 350 nomi. Il gruppo Anemone avrebbe eseguito lavori non solo nelle case di vip e potenti ma anche in alcuni dei più importanti palazzi della politica romana e in decine di caserme delle forze di polizia.
Un elenco, trovato nel corso delle indagini sui mondiali di Nuoto a Roma, che allora non aveva avuto particolare rilevanza investigativa e che invece oggi, alla luce degli ultimi riscontri ottenuti dagli investigatori sui fondi del ‘riciclatore’ Angelo Zampolini, utilizzati per coprire parte dell’acquisto di abitazioni di personaggi importanti tra cui l’ex ministro Scajola, assume tutt’altro rilievo.
La lista, secondo quanto è stato possibile ricostruire, conterrebbe diverse decine di nominativi ai quali sarebbero associati dei lavori svolti dalle imprese di Anemone, considerato dai magistrati una delle figure chiave della cricca. Non sarebbero segnati, invece, gli importi pagati per i servizi ottenuti dal gruppo. I magistrati perugini Sergio Sottani e Alessia Tavarnesi vogliono ora chiarire se quei nominativi abbiano avuto lo stesso ‘trattamento’ ottenuto da coloro che sono già stati tirati in ballo da Zampolini. Tra gli altri ci sarebbe anche il regista Pupi Avati, che però precisa: “non ho mai ricevuto regali da Anemone”.
Il regista spiega che Angelo Balducci si offrì di procurargli e fargli istallare un montacarichi nella sua casa di Todi, cosa che avvenne nel 2002 o nel 2003 mentre il proprietario di casa era assente. Avati quindi non sa chi effettuò i lavori, ma assicura: “Ho pagato regolarmente sia il piccolo saliscendi che il lavoro di installazione all’ingegner Balducci e sono in grado di esibire (qualora mi venga richiesta) la matrice dell’assegno e il documento relativo”.
In procura a Perugia sono convinti che il vero ammontare del giro di soldi messo in moto da Anemone, secondo l’accusa per compensare i funzionari pubblici che avrebbero favorito le aziende della cricca negli appalti pubblici, sia ancora tutto da quantificare e comunque di molto superiore ai quasi tre milioni scoperti su un conto della Deutsche Banke intestato a Zampolini.
Un fiume di denaro che gli investigatori perugini stanno cominciando a rintracciare nei 1.143 rapporti bancari, di cui 263 conti correnti, intrattenuti da Balducci, Anemone, dai loro rispettivi familiari, dagli intermediari e dalle società a loro riferibili. Nei prossimi giorni gli ulteriori accertamenti svolti dalla guardia di Finanza su una serie di operazioni sospette segnalate dalla Banca d’Italia, nonché sui conti correnti intestati innanzitutto a Zampolini ma anche ad Alida Lucci, la segretaria di Anemone, dovrebbe cominciare a dare qualche risposta.
In sostanza, nella movimentazione di quei conti la procura spera di trovare la ‘prova’ che il denaro sia servito per compensare i funzionari pubblici. Così come dovrà essere ancora chiarita l’ultima delle sei operazioni immobiliari compiuta da Zampolini e già accertate dalla Guardia di Finanza, quella che riguarda l’acquisto di un immobile in piazza della Pigna.
Oggi si è fatto sentire il legale di Peter Paul Pohl, l’immobiliarista altoatesino legale rappresentante della Schlanderser Bau Srl, la società che ha venduto l’immobile alla Immobilpigna di cui era legale rappresentante Diego Anemone e fiduciari i due figli di Angelo Balducci, Lorenzo e Filippo. Sostiene l’avvocato Michael Gruener che “il preliminare è stato stipulato il 25 novembre 2003 con l’architetto Angelo Zampolini come acquirente (per sé o per una persona fisica o giuridica)” per un importo di 350mila euro. Il 27 e 28 novembre l’architetto versa sul suo conto rispettivamente 200mila e 100mila euro in contanti.
Il successivo pagamento, un milione e 100mila, viene fatto il 22 dicembre sempre tramite assegno. Gli investigatori vogliono dunque capire quale sia la provenienza di quel milione e mezzo pagato da Zampolini, convinti che si tratti dei soliti ‘fondi’ neri di Anemone. Il palazzetto di via della Pigna, secondo quanto è stato possibile ricostruire, è stato poi successivamente venduto alla ‘Immobiliare Icr’ e anche su questo atto gli inquirenti vogliono vederci chiaro.
