Dopo una guerra e un cruente, ancora strisciante, conflitto civile, qual è la condizione dell’Iraq? Solo una domanda semplice, diretta, posta agli iracheni può rispondere alla questione. Qual è, secondo la loro opinione, il maggiore beneficio apportato dall’invasione americana?
Solo il politico americano, rispondendo al posto degli iracheni, potrebbe dire «libertà e democrazia», con un misto di ingenuità e rozzo idealismo. In realtà, quello che più e in meglio ha cambiato la vita degli iracheni è, secondo la loro testimonianza, un utensile prosaico come il telefonino. Molti, infatti, devono sentirsi più liberati da questo straordinario strumento di comunicazione che dalla prospettiva, se non dalla concreta esistenza, di una repubblica parlamentare.
Il regime di Saddam Hussein aveva impedito l’importazione e l’acquisto di telefoni cellulari, per cui quando questi oggetti arrivarono in Iraq con i primi soldati americani, la curiosità e l’appetito degli iracheni naturalmente furono grandi.
Poi, vennero i lunghi mesi bui della guerra civile e l’oggetto divenne, grazie all’ingegno che matura nelle catastrofi, uno strumento di prevenzione. Uscire era pericoloso, il telefono annullava le distanze e senz’altro salvò qualche vita. Non solo, il cellulare diventò uno strumento commerciale. In un’epoca non troppo remota, le banche furono vittime di attentati terroristici. La gente, stanca di rischiare la propria vita, ideò un sistema valutario parallelo. Invece di soldi ci si scambiava ricariche del telefono. Il creditore, una volta in possesso della sua ricarica, poteva decidere se ricaricare il suo cellulare o se rivendere la carta prepagata in un negozio che l’avrebbe acquistata con un piccolo sconto di prezzo.
Nonostante gli attentati in Iraq siano globalmente diminuiti, il credito telefonico come valuta è un sistema parallelo ancora in uso tra la popolazione. Pare che la « ricarica » sia adoperata in maniera massiccia per retribuire le prostitute come pure nei casi di piccola corruzione delle amministrazioni locali.
Sui ventisette milioni di Iracheni, ben venti posseggono un cellulare. Inoltre, in questi mesi lo stato si prepara a tagliarsi una nuova fetta da questa ghiotta torta, indicendo un bando per la creazione di un nuovo operatore telefonico. Ci saranno nuovi utenti, altri telefoni saranno venduti. Tuttavia, nonostante l’immensa portata commerciale, quello che più affascina in questa storia è la costatazione del potere, magnetico e perverso, quotidiano ed epocale, degli oggetti.
A volte, in una contingenza storica, un oggetto assurge ad un’importanza capitale e attorno a questo si sviluppano dei codici, dei riti, dei significati profondi. Così accade nell’Iraq di oggi, riguardo al telefonino.