“..Ed ora si prenderanno anche Rai tre..”, più o meno con questa parole questo giornale annunciava le prossime mosse del cavaliere e del suo servizio d’ordine in servizio permanente effettivo alla Rai.
Ci riferiamo al tentativo in atto di mettere le mani sul palinsesto di Rai tre esautorando lo stesso direttore Antonio Di Bella. Ci avevano provato con Paolo Ruffini, il precedente direttore, che aveva rifiutato di mettere la museruola alla Dandini, a Ballarò, a Report, a Iacona e via discorrendo.
Ruffini li mandò a quel paese, e come ci hanno rivelato i testi delle intercettazioni telefoniche tra Berlusconi e Masi, e proprio per questo fu rimosso, nonostante i buoni risutati quantitativi e qualitativi da lui conseguiti.
In sostanza Ruffini, per altro persona di rara pacatezza politica e professionale, è stato cacciato non per una manifesta incapacità ma per un eccesso di capacità e per un eccesssivo amore per la libertà in un paese nel quale il Presidente del Consiglio si lamenta perchè “..in Italia c’è troppa libertà di stampa..”.
Il nuovo direttore Antonio Di Bella ha già fatto sapere che non sarà lui a chiudere alcunché e soprattutto non accetterà disposizioni decise in sedi improprie, a Palazzo Grazioli e non a viale Mazzini, in ogni caso spetta al direttore e solo al direttore l’ultima parola in materia di palinsesti e di offerta editoriale.
Non sappiamo come finirà il braccio di ferro in corsa e se la maggioranza avrà l’impudenza di imbavagliare una intera rete oscurando anche quella parte di opinione pubblica che ormai trova rifugio nelle ultime isole mediatiche sfuggite al controllo integrale del signore e padrone del conflitto di interessi.
Se dovessero arrivare sino al punto di destituire Di Bella e di commissariare rete tre saremmo in presenza di una sorta di colpo di stato mediatico, al quale dovremmo reagire non solo con intransigenza, ma anche sollecitando l’autorevole intervento delle autorità di garanzia e dello stesso Presidente della Repubblica.
Non si tratta di una vicenda aziendale, ma di un vero e proprio disegno di cancellazione e di oscuramento di tutto quello che non piace al capo supremo, con quel che ne consegue sul piano del corretto funzionamento dell’ordine democratico e persino sul libero esercizio del voto.
Ne abbiamo viste di tutti i colori, ma ci appare davvero aberrante e disgustosa la sola idea che mentre si invoca un grande e serio confronto sulla manovra economica, si procede invece ai bavagli, alle manette, alle sanzioni, alle epurazioni e alle liste di proscrizione.
Di fronte a quanto è già accaduto e a quanto rischia di accadere non si tratta più di essere solidali con questo o quel giornalista, bensì di essere solidali con noi stessi, e con la Costituzione, utilizzando con straordinaria tensione etica e politica tutti le possibii forme di opposizione per contrastare un disegno che senpre più tende ad oltrepassare i confini dello Stato di diritto.