Dopo le indispensabili dimissioni del segretario Walter Veltroni, che ha collezionato in Sardegna (pochi nell’Italia senza memoria lo ricorderanno), la sua terza sconfitta elettorale, la sinistra italiana è un po’ allo sbando.
Non solo non vi è certezza di leadership, ma non vi è nemmeno chiarezza su come debba essere la rappresentanza politica di quell’ampio schieramento che va dalle frange post tante cose della sinistra radicale, passa per i riformisti di matrice ex pci e ex sinistra dc, e si stempera nei moderati cattolici chiesadipendenti: si continuarà nello sforzo, forse prematuro e un po’ in vitro, di un partito unico, o si riprenderà la formula federale di prima?
È urgente trovare una guida, quanto meno provvisoria. Si parla di una reggenza del vice segretario Dario Franceschini, che potrebbe guidare il Partito Democratico, attraverso le elezioni europee e amministrative, fino al congresso. Ma non si sa ancora se Franceschini è disponibile e non c’è che da dargli ragione, viste le prove da affrontare senza una investitura di massa che ne leggitimi l’autorità.