ROMA – Una corsa contro il tempo quella per il dl anticorruzione. Liste pulite ci saranno quasi sicuramente alle politiche 2013, ma niente da fare per le regionali del Lazio, previste entro dicembre. L’esecutivo Monti vuol far presto, spiega il ministro della Funzione Pubblica Filippo Patroni Griffi, perché la norma sull’incandidabilità e incompatibilità contenuta nel testo anticorruzione diventi operativa ”per le elezioni politiche del 2013”. E per quelle del Lazio? ”Per quelle – risponde – sembra sia più difficile” visto che il provvedimento ancora non è stato approvato dalle commissioni riunite Affari Costituzionali e Giustizia del Senato. L’unico modo per rendere operativo l’articolo 17 del ddl, quello che è stato trasformato in legge delega alla Camera proprio per le difficoltà manifestate dalle forze politiche a trovare un’intesa sul modo in cui tenere fuori dalle istituzioni i candidati condannati con sentenza passata in giudicato a pene superiori ai due anni per i reati contro la P.A. e a tre per tutti gli altri, sarebbe quello di mettere la fiducia sul provvedimento. Ma questa è un’ipotesi che al momento tutti sembrano scartare. Se il ministro della Giustizia, Paola Severino, ne avesse avuto l’intenzione, sostengono nella maggioranza, l’avrebbe fatto quanto meno capire. ”Non vorrei però che la resistenza della Severino a mettere la fiducia risenta della pervicace volontà di annientare la norma sul collocamento fuori ruolo dei magistrati”, ipotizza Roberto Giachetti (Pd) autore della norma che mette un limite di 5 anni al collocamento fuori ruolo dei giudici. Anche quelli che rivestono incarichi in Authority e organi costituzionali come la Presidenza della Repubblica.
Ad ogni modo, avverte Patroni Griffi, i tempi sono stretti: laddove il Governo fosse così solerte da presentare in tempi rapidissimi lo schema di decreto, “se le Camere si prenderanno legittimamente tutti i 60 giorni previsti, i tempi di approvazione rischiano di farsi incerti”. L’esecutivo dei professori è comunque determinato a ultimare la legge. Così il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri che dovrà stendere la bozza di decreto, così pure il ministro Severino. Ma il Pd non si fida e presenterà giovedì un ordine del giorno a firma di Silvia della Monica, nel quale si chiede al governo di esercitare la sua delega entro un mese.
Nelle ultime ore la versione ufficiale dei fatti è la seguente: la ”vera” norma che sarebbe d’ostacolo alla decisione del governo di chiedere il voto di fiducia sarebbe proprio quella del collocamento fuori ruolo e dell’esclusione, sempre per i giudici, di partecipare agli arbitrati. ”E’ vero che queste norme andrebbero riviste – spiega il capogruppo Pd in commissione Giustizia Silvia Della Monica – e infatti abbiamo presentato degli emendamenti in questo senso. Ma è anche vero che noi preferiremmo la fiducia sul testo Camera”.
Le possibilità, secondo quanto si apprende nella maggioranza, sarebbero due: o la Severino presenta una norma transitoria per ritardare l’applicazione delle norme ai magistrati o si cerca consenso su due emendamenti “anti-divieti”. Il primo, messo a punto dal Pd (”Guarda caso tutti magistrati”, commenta Giachetti) prevede che si escludano dal limite dei 5 anni i magistrati in servizio presso organi costituzionali, organismi internazionali o che abbiano incarichi elettivi. Il secondo, primo firmatario un altro ex giudice, Giacomo Caliendo (Pdl), estende a 10 anni la durata del fuori ruolo.
Se l’esame delle proposte di modifica andrà avanti senza intoppi il testo potrebbe approdare nell’Aula del Senato già mercoledì 10 ottobre. E nel frattempo il Csm dovrebbe dare un suo parere, come avverte il vicepresidente Michele Vietti sollecitato in questo senso dal Guardasigilli. ”Lo daremo ben volentieri”, assicura, senza interferire per questo con l’attività del Parlamento. ”E’ vero che un parere non si nega a nessuno – risponde il capogruppo Pd in commissione Giustizia della Camera Donatella Ferranti – ma è anche vero che ora è tempo di votare, se non si vuole perdere altro tempo”. ”Si deve andare avanti senza tentennamenti” è la parola d’ordine di Bersani perché ormai è l’intera Europa a chiedere una legge anticorruzione all’Italia. ”Siamo favorevoli ad emendamenti che portino più rigore”, interviene Maroni, ma diciamo no a proposte di modifica strane, vedi emendamenti salva-Ruby, volte ”ad attenuare il rigore delle norme che sono nel testo del ddl”.