SENAGO (MILANO) – “Conosco Bossi da una vita e sono ultracerto della sua totale buona fede”: così Roberto Maroni ha commentato la notizia che Umberto Bossi è indagato nell’inchiesta sui fondi della Lega. Semplicemente “un atto dovuto” secondo l’ex ministro dell’Interno che ha poi sentito al telefono il Senatur: ”L’ho sentito ed era molto giù – ha detto Maroni – però credo che reagirà nel solito modo riprendendo a fare quel che faceva”.
Non parla di giustizia ad orologeria o complotti Roberto Maroni ma chiede alla magistratura di chiudere le inchieste ”rapidamente”. ”Non ho mai pensato a complotti – ha detto a margine di un comizio a Senago – ho fiducia nella Procura di Milano e nel procuratore che conosco e stimo. Chiedo solo di fare in fretta per accertare eventuali responsabilità.
Maroni ha chiesto alla magistratura di fare in fretta “perché si tratta – ha sottolineato – di un intervento molto duro, pesante, nei confronti di un partito e dei tanti militanti che si aspettano di sapere, di capire se qualcuno ha violato la legge oltre al codice etico della Lega”.
Sulla possibilità che Renzo Bossi venga espulso dal partito, Maroni dice di non saperlo, e ricorda però che il figlio del Senatur si è già dimesso da consigliere regionale.
Commentando la propria frase su Facebook in cui diceva ‘via i ladri e i cialtroni dalla Lega’, ha spiegato che era ”un’affermazione generica rispetto a quello che è successo nel passato”. ”L’ho scritta – ha precisato – prima che ci fossero gli avvisi di garanzia”. Anche nel caso di Umberto Bossi, Maroni ha ricordato che ”si è già dimesso”. ”Più di così… – ha proseguito – Nessun altro in nessun altro partito lo ha fatto pur essendo accusato di reati ben più gravi. E con le sue dimissioni da segretario è iniziata una fase nuova che vedrà il suo compimento più importante nel congresso federale del 30 giugno e primo luglio”.
A proposito del prossimo segretario della Lega Nord, Maroni ha detto che ”lo deciderà il congresso”. ”Siamo un movimento democratico – ha sottolineato – e i congressi decidono”. E dunque anche per la scelta del segretario federale ”il congresso è sovrano”.