Dopo la pillola abortiva, parte la guerra dei leghisti agli insegnenti del sud d’Italia. L’ultima frontiera della “rivoluzione leghista” parla quindi di “graduatorie regionali” per i docenti. Cosa vuol dire? Che le graduatorie nelle scuole non saranno fatte più solo per titoli e punteggi, ma anche in base al certificato di residenza. Risiedi in Lombardia e cerchi posto a scuola nella tua regione? Per i leghisiti è bene che tu abbia più punti rispetto a un collega che viene, ad esempio dalla Calabria.
Il Carroccio, sfruttando il peso maggiore che ha adesso nella coalizione, intende proporre al governo di “rivedere in senso federalista” la normativa nazionale sulle graduatorie degli insegnanti, per favorire i docenti locali.
A fare da apripista è la la Lega del Friuli-Venezia Giulia che è riuscita a far passare in consiglio regionale una mozione che impegna la giunta a sensibilizzare governo e parlamento affinché le graduatorie per l’accesso al ruolo degli insegnanti “siano stilate su base regionale”. E “non si verifichino più situazioni che pregiudicano gli insegnanti presenti da anni nelle graduatorie della nostra regione”.
Il problema, sostengono i leghisti, non è solo quello, pur rilevante, della conoscenza del territorio, della sua storia, dei dialetti e della polenta. È anche quello che con le graduatorie fatte per titoli, c’è il rischio che gli insegnanti del Sud superino di gran lunga quelli del Nord, “visto che i parametri di giudizio sono molto più severi nel Settentrione”.
Zaia dice che “la materia entrerà a far parte della piattaforma nazionale”, e Cota, che pure assicura che il Piemonte “si atterrà alla legge nazionale”, annuncia che “la Lega ha chiesto di cambiarla proprio in quel senso”, attraverso un disegno di legge già presentato al Senato.