Il legittimo impedimento in Corte Costituzionale, scudo più debole per Berlusconi?

A Palazzo della Consulta i lavori sul legittimo impedimento sono ripresi per la prima volta dall’inizio dell’anno. Non una bocciatura ‘in toto’ ma una illegittimità parziale che però- a seconda di come sarà modulata e di quali parti del ‘legittimo impedimento’ andrà a colpire – danneggerà più o meno gravemente lo ‘scudo’ grazie al quale i tre processi a carico del premier Berlusconi (Mills, Mediaset e Mediatrade) sono rinviati almeno per i prossimi dieci mesi.

La presenza di Maria Rita Saulle sembra garantita e il collegio, piu’ che mai in bilico, sarà al plenum di 15. Reduce da problemi di salute, l’unica giudice donna della Consulta non ha preso parte al primo giorno di lavori e domani, dopo la causa sul ‘legittimo impedimento’, dovrebbe lasciare la Corte per tornarvi giovedì 13, vale a dire il giorno dopo la maratona del 12 sull’ammissibilita’ dei sei referendum (quattro contro la ‘privatizzazione’ dell’acqua, uno dell’Idv per il no al nucleare, e il sesto, sempre di Di Pietro, per la cancellazione del ‘legittimo impedimento).

Un’idea i giudici se la sono fatta, in questi giorni di studio di schede riassuntive di 3mila pagine di ricerca inviate dal relatore Sabino Cassese. E’ vero che ancora devono ascoltare le tesi a difesa dello ‘scudo’ che domani verranno esposte in udienza dai legali del premier, Niccolò Ghedini e Piero Longo, e dagli avvocati dello Stato Michele Dipace e Maurizio Borgo per conto della Presidenza del Consiglio. Ma in ambienti della Consulta sta circolando con sempre maggiore insistenza l’ipotesi che i giudici si appresterebbero a far cadere in parte la legge con una formula che, pero’, rischia di essere fortemente lesiva dello ‘scudo’. E che, in sintesi, comporterebbe un intervento della Corte per sanare l’indeterminatezza dell’elenco di attivita’ che impediscono a premier e ministri di presentarsi in udienza, e per correggere l’automatismo del ‘legittimo impedimento’ nella parte in cui sottrae al giudice la possibilità di valutare, caso per caso, le cause ostative. Se cosi’ fosse, a cadere potrebbero essere due punti chiave della legge: il comma 1 dell’art. 1 nella parte in cui si estende il legittimo impedimento alle ”attivita’ preparatorie e consequenziali, nonché di ogni attività comunque coessenziale alle funzioni di governo”; il comma 4 dell’art 1. che prevede l’autocertificazione della presidenza del consiglio e l’obbligo per il giudice di rinviare il processo non oltre i successivi sei mesi. Sanando questi punti lo ‘scudo’ non incorrerebbe nel rischio di una irragionevole sproporzione tra diritto di difesa ed esigenze della giurisdizione (violazione dell’art 3 della Costituzione).

Ma in questo modo la legge verrebbe di fatto ‘svuotata’. E i giudici di Milano, da cui il premier si sente perseguitato, avrebbero pieno potere di valutare l’impedimento di Berlusconi a presentarsi in aula e di verificare la concomitanza dell’impegno governativo. Un precedente in tal senso e’ rappresentato dalla sentenza della Corte che nel 2001 si trovò alle prese con il caso Previti, impossibilitato ad andare in udienza per concomitanti impegni parlamentari, risolto con la sollecitazione a una leale collaborazione tra poteri nella stesura del calendario di udienza. Stesso principio potrebbe valere per gli impegni del premier cosi’ da non vanificare l’esercizio della giurisdizione. Di fronte al pericolo di un serio danneggiamento dello scudo i giudici della Consulta ritenuti più vicini al Pdl potrebbero tentare la strada dell’inammissibilità dei ricorsi dei giudici di Milano, ritenendoli mal posti. Per poi passare alla mediazione: circoscrivere l’illegittimità al solo punto delle attività”preparatorie e consequenziali” nonche’ ”coessenziali alle funzioni di governo”. Nessun potere al giudice, pena l’inutilita’ dello scopo per cui è nato lo ‘scudo’. Ma la partita deve ancora aprirsi.

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