ROMA – M5S, 88 per cento dei parlamentari (detti anche portavoce, ma la dizione usa sempre meno) risulta, alla vigilia della data ultima per pagare, più o meno moroso. Per pagare cosa, moroso in che senso?
Ricordate le orgogliose foto di gruppo con maxi striscione simil assegno? M5S organizzava la foto di gruppo (dei parlamentari) davanti alla facciata della Camera o del Senato. Il fac-simile dell’assegno mostrato alle genti portava l’ammontare di quanto i portavoce avevano sottratto dal loro stipendio. Anzi, non sottratto, nel lessico e nell’ideologia M5S diceva: restituito. Erano le restituzioni, restituzioni dei soldi dei cittadini. Soldi di cui i parlamentari, la cavalleria della Casta, si impadronivano da decenni e di cui spadroneggiavano, soldi di privilegio. Questa era ed è l’idea fondante di M5S: i soldi da togliere alla Casta. Partendo dal Parlamento.
Togli i soldi, levali dalle mani e dalla tasca della Casta, tutte le Caste, e l’Italia tutta, quella buona che non è Casta, troverà qualcosa come più o meno le miniere di Re Salomone. Togli i soldi alle Caste e non ci sarà più problema, la ricchezza scorrerà per ogni dove come benefico ruscello che bagna ogni orto. Togli i soldi alle Caste e non ci sarà più debito, disoccupazione e ognuno andrà in pensione quando gli pare…
M5S nasce sui soldi, sì sull’idea affannosa, affannata e furente secondo la quale amputare le Caste dei soldi sia curare insieme sia il paese che se stessi. Confluisce in questa idea la stanchezza per lo spreco del denaro pubblico insieme alla richiesta perentoria che il pubblico denaro continui a scorrere, magari sprecato, ma in altra direzione: verso la gente e non verso le Caste. Aggiungi rancore sociale, aggiungi un pizzico di specificità di italiana cultura che maledice il denaro (quello altrui ovviamente). Aggiungi obiettivi privilegi che i parlamentari si erano garantiti e assegnati. Aggiungi vecchio e radicato anti parlamentarismo delle pubblica opinione mai troppo a suo agio con le declinazioni reali della democrazia…Ed ecco M5S che parte per ferire di soldi.
L’argomento soldi è ossessivo nel linguaggio, nella propaganda e nel successo elettorale di M5S. Soldi di tutte le Caste, soldi tutti da tagliare, soldi tutti da togliere perché tutti soldi “impuri”. E quindi i parlamentari M5S restituiranno buona parte del loro stipendio, li restituiranno ai cittadini perché sono soldi dei cittadini: questa la novella M5S.
All’inizio più o meno, anzi il più sopravanzava il meno. Almeno all’inizio i parlamentari M5S restituivano parte dello stipendio. Non tutti e non tutti nella misura e nei tempi indicati. Ma più o meno…Poi sempre meno. Talmente meno che alla vigilia della scadenza 2019 per saldare solo il 12 per cento di loro risulta in regola (14 secondo il Corriere della Sera non avrebbero versato un euro).
Quanto dovrebbero versare e aver versato? Un deputato riceve a vario titolo circa 12 mila euro netti mensili, di questi 5 mila sono lo stipendio vero e proprio. M5S sostiene ne bastino tremila. Quindi duemila al mese da restituire. E gli altro settemila da documentare con scontrini e documentazione di spese effettuate per lavoro, collaboratori, affitti etc. Poi si sono aggiunti i 200 euro mensili per piattaforma Rousseau e altri contributi vengono chiesti per il web a cinque stelle.
Si dice, dicono loro stessi che l’altissima percentuale di non in regola con le restituzioni dipende dalla complicazione del meccanismo. Un dire che fa sorridere. Decisamente più vero è che alla base c’è anche la domanda: restituire a chi? Alcuni dicono che restituire al partito (ancor più alla piattaforma Rousseau) non è restituire alla gente. Una scusa? Non del tutto. Altri ancora legano più prosaicamente il tenersi lo stipendio tutto perché magari domani non si sta più nel gruppo parlamentare M5S: molta dietrologia, anche se in qualche caso dietrologia ci piglia.
Decisamente più convincente e più capace di comprendere e spiegare ciò che accade è la saggezza popolare. Che recita e suggerisce: ci di soldi ferisce, di soldi perisce. Traduzione: l’ossessione, il panico che soldo privato per via di tasse diventi soldo pubblico, la conseguente rabbiosa voglia di punire chiunque sia retribuito con soldo mio diventato pubblico, il, rapporto idolatrico con il soldo (demone e insieme panacea) non può che sfociare in un generale: il soldo è mio e me lo gestisco io.