Le mani sulla “munnezza”, cioè la rissa e la ressa per arraffare soldi, appalti, affari. Le ultime in ordine di tempo a rovistare nella “miniera rifiuti” sono quelle del Pdl campano, la frenetica agitazione intorno alla “occasione” è pubblica e manifesta, inequivoca e perfino rivendicata è la caccia ai soldi. Stavolta non è gossip, stavolta non è lo “stile di vita” del premier ad essere illuminato dai fatti di cronaca. Stavolta è il partito del premier che mostra il suo “stile di vita”. Stavolta sono soldi e salute, soldi e salute pubblici e niente sesso privato. In Campania vanno costruiti in fretta, più in fretta possibile, due termovalorizzatori, più semplicemente detti inceneritori di rifiuti. Lo ha deciso il governo con apposito decreto. Vanno realizzati in due, tre anni al massimo. Non c’è altra via per lo smaltimento della “munnezza” perché lo stesso governo ha rinunciato nello stesso decreto a cercare od aprire nuove discariche. La rivolta popolare ha sbarrato la strada delle discariche, inviare la “munnezza” all’estero in eterno non si può, l’unica sono i termovalorizzatori.
Erano l’unica anche cinque anni fa, quando cominciò la storia che avrebbe portato alla Napoli sommersa e infetta dai rifiuti del 2008. Allora il termovalorizzatore si chiamava Acerra, quello che oggi funziona un terzo di quanto dovrebbe. Anche allora si disse: termovalizzatori e partì quindi la caccia ai soldi. Soldi per trasformare la normale e inutilizzabile immondizia in “eco balle”. Nei termovalozzitori di tutto il mondo infatti i rifiuti non trattati non si possono bruciare. Vanno prima trasformati in materiale combustibile senza residui, altrimenti il termovalorizzatore non brucia. Soldi pubblici quindi a chi vinceva e prendeva l’appalto per trasformare l’immondizia in eco balle che si bruciano. Ma le eco balle furono insieme un trucco e un affare. Chi prendeva i soldi pubblici produceva non “eco balle”, cioè montagnole di rifiuti trattati pronti per l’inceneritore. Produceva invece montagnole, migliaia di montagnole di immondizia travestita da eco balle. Costava di meno, si incassava di più. E le finte eco balle che non potevano essere bruciate mica svanivano in cielo, restavano in terra, sulla terra di chi affittava gli spazi per ammassarle: altri soldi pubblici andavano a pagare altri che “coglievano l’affare”. Poi ci fu la classica, purtroppo classica vicenda dell’appalto classico, quello per il termovalorizzatore: preventivi che salivano, costi che si moltiplicavano. All’ombra anche di una incompetenza di sinistra, il ministro Pecoraro Scanio che faceva la guerra all’inceneritore, i soldi pubblici fluivano, fino a diventare “percolato sociale”.
Finto trattamento dei rifiuti, aree di stoccaggio per finte ecoballe, cantieri e appalti: la politica distribuiva denaro e non raccoglieva “munnezza”. Ci guadagnavano aziende e dipendenti delle aziende, assessori e sindaci, governatori e parlamentari accudivano e distribuivano. Furono distribuiti alla società civile e incivile un miliardo e quattrocento milioni di euro in pochi anni. Questa è la storia e adesso il Pdl che comanda in Campania vuole ricominciarne un’altra di storia, una storia gemella. Cosentino, coordinatore del Pdl in Campania, Cirielli e Cesaro, presidenti delle Province di Salerno e Napoli, sono saliti sù fino a Berlusconi per dire al premier e al leader di partito che le mani sui prossimi termovalorizzatori devono essere le loro. Quando hanno letto il testo di un decreto che lasciava incerto se dovessero essere loro a gestire e distribuire, sono corsi a Palazzo Chigi. Hanno fatto presente di “valere” una pattuglia di voti in Parlamento, hanno spiegato a Berlusconi che non era il caso di svegliare il can che dorme. Hanno ottenuto soddisfazione: il decreto assegna i termovalorizzatori alla Regione, a Caldoro. Ma, fatti salvi gli atti precedenti, cioè l’assegnazione a Cirielli e Cesaro. Un decreto furbetto e furbastro che Palazzo Chigi nemmeno ha inviato al Quirinale.
Caldoro è Pdl, governatore del Pdl. Ma Cosentino, Cirielli e Cesaro e buona parte del Pdl campano non lo volevano nè candidato nè governatore. Lo dissero alto e chiaro prima delle Regionali, contro Caldoro combatterono, un giorno in area Pdl spuntò anche la “voce” che accusava Caldoro di essere gay. Candidato e governatore doveva essere Cosentino. Arrivò poi per Cosentino quella richiesta di arresto della magistratura, un inciampo. Cui porre riparo se e quando sarebbero arrivati i soldi veri. E i soldi arrivano per via di decreto, anzi il decreto è il moltiplicatore iniziale dei soldi che devono arrivare. Cosentino, Ciriellli e Cesaro sono pronti a raccogliere, a metterci le mani. Camorra, malaffare? Inutile cercarli, non importa, non serve. Lo “stile di vita” del Pdl campano non si giudica da questi sospetti. Si giudica dalla realtà: è lo “stile” del trasformare la questione rifiuti in una fabbrica di affari, in un grande riciclo di pubblico denaro. Per il Pdl campano, per la sua maggioranza e il suo gruppo dirigente, Caldoro e la Carfagna sono inaffidabili e ostili. Si mettono di mezzo, interferiscono con gli affari, quindi sono letteralmente “un altro partito”.
E’ questa la storia, altro che “vajasse” e “tradimenti”. La storia di un ceto politico dominante che sulla “munnezza” ci campa e ci vuole campare e per questo ha bisogno di metterci sopra le mani e di tagliare ogni altra mano, fosse anche quella di chi vota allo stesso modo in Parlamento e governa il paese sotto la stessa sigla. Una storia di soldi da “governare” e distribuire a decine di migliaia di cittadini-clienti. Una storia dove la salute, la salute della gente che vive nella “munnezza” viene dopo e semmai. Una storia svelata dall’episodio Carfagna. Una storia che non imbarazza e non, parole sue, “tribula” il premier. Lo annoia.