Cessioni del patrimonio pubblico
Per sostenere la credibilità e la competitività del sistema-Paese occorre un piano immediato di cessioni del patrimonio pubblico – mobiliare e immobiliare – per otte¬nere un rapido abbattimento dello stock di debito pubblico e ridurre l’enorme pe¬rimetro della manomorta pubblica sull’economia italiana.
Date le condizioni dei mercati finanziari, la via oggi più rapida è di procedere con massicce dismissioni dell’ancora ingentissimo patrimonio immobiliare cedibile e da mettere a reddito, secondo le stime del conto patrimoniale del Tesoro.
L’attività di dismissione deve essere svolta unicamente secondo le procedure dell’evidenza pubblica.
Sono poi necessarie ampie privatizzazioni nel settore dei servizi pubblici locali (SPL), gestiti attraverso migliaia di società controllate da enti locali e generalmente in perdita, malgrado i generosi sussidi pubblici.
La Manovra di agosto prevede alcune misure di incentivazione che vanno in questa direzione, ma sono insufficienti. Essa, infatti, destina una quota del Fondo infra¬strutture a investimenti infrastrutturali effettuati dagli enti territoriali che dismet¬tano partecipazioni societarie nei SPL, eccetto quelli idrici, ed esclude le spese ef¬fettuate a valere sulla predetta quota dai vincoli del patto di stabilità. La dotazione del Fondo, pari a 250 milioni di Euro per il 2013 e 250 milioni per il 2014, è però li¬mitata, quindi l’incentivo riconosciuto agli enti locali è debole.
Manca un rapporto diretto tra dismissioni, che hanno un costo politico potenzial¬mente elevato per l’ente locale, e investimenti, che invece sono considerati positi¬vamente da cittadini e imprese. Questo è un passaggio essenziale. Per incentivare realmente gli Enti locali a dismettere le partecipazioni societarie, occorre sottrarre integralmente ai limiti del patto di stabilità le spese effettuate con i proventi delle dismissioni per investimenti per opere pubbliche, manutenzione straordinaria e ri¬strutturazione del patrimonio esistente, anche a fini di efficienza energetica.
Analoga previsione va applicata ai proventi derivanti dalle dismissioni degli immobi¬li di proprietà degli enti locali, anche al fine di favorire il coinvolgimento delle im¬prese di minori dimensioni.
Cessioni del patrimonio pubblico: le cose da fare subito
Dismettere gli immobili pubblici e privatizzare le partecipazioni societarie degli enti locali
– Cedere il patrimonio immobiliare di enti statali e locali.
– Dismettere le partecipazioni societarie degli enti locali nei servizi pubblici locali.
– Prevedere che gli enti locali possano utilizzare i proventi derivanti dalle dismissioni di immobili e partecipazioni al di fuori dei limiti del Patto di stabilità interno, per opere pubbliche, manutenzione straordinaria e ristrutturazione del patrimonio esistente, anche a fini di efficienza energetica.
– Prevedere che l’attività di dismissione sia svolta unicamente secondo le procedure dell’evidenza pubblica.
Liberalizzazioni e semplificazioni
È indispensabile per il ritorno alla crescita ridurre in maniera drastica l’eccesso di regolamentazione e procedere ad una energica liberalizzazione delle attività eco¬nomiche.
Per dare impulso al processo di liberalizzazione dei mercati in cui è ancora forte la presenza pubblica, occorre anzitutto istituire autorità indipendenti nei settori che ne sono privi o estendere le competenze delle autorità esistenti per colmare le at¬tuali carenze, con l’obiettivo di garantire imparzialità, parità di trattamento e cer¬tezza della regolazione. È necessario, in particolare, istituire un’Autorità indipen¬dente dei trasporti. Essa deve ridurre le asimmetrie regolamentari esistenti tra le varie modalità, prevenire e sanare situazioni lesive della concorrenza ed allineare l’assetto regolatorio nazionale agli standard UE. Sempre in quest’ottica, occorre trasformare l’Agenzia delle risorse idriche in un’Autorità indipendente, affidandole anche la competenza sul settore del ciclo dei rifiuti, ovvero attribuire tali compiti all’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas.
Quanto ai servizi pubblici locali (SPL), i principi affermati con la Manovra di agosto sono condivisibili, ma in parte inefficaci perché privi di meccanismi che ne assicuri¬no l’enforcement. Bisogna attribuire all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato un vero e proprio potere vincolante di verifica degli orientamenti di libera¬lizzazione e di gestione concorrenziale dei SPL definiti dagli enti locali e non invece, come è oggi, di mero monitoraggio.
L’abbattimento delle barriere all’entrata di nuovi concorrenti e degli ostacoli all’esercizio delle attività economiche deve diventare la regola e non l’eccezione.
Per conseguire strutturalmente questo obiettivo è necessario orientare le modifi¬che all’art. 41 Cost. all’affermazione espressa del principio della libera concorrenza.
Nell’immediato, va reso effettivo il principio – altrimenti del tutto inutile – dell’abrogazione implicita delle restrizioni affermato nella Manovra, attribuendo a uno specifico soggetto il compito e la responsabilità di individuare le disposizioni abrogate. Vanno poi eliminate, da un lato, le eccezioni all’abrogazione previste per alcuni settori economici, dall’altro, la facoltà attribuita al Governo di sottrarre, in base a generiche ragioni di interesse pubblico, singole attività alla liberalizzazione. In generale, le eccezioni alle abrogazioni di restrizioni andranno piuttosto ricondot¬te alla sussistenza di motivi imperativi di interesse generale previsti dall’ordinamento comunitario. Anche le Regioni, in base ai principi di concorrenza e omogeneità dei livelli essenziali delle prestazioni previsti dall’art. 117 Cost., do¬vranno indicare espressamente, entro un termine tassativo, tutte le restrizioni a¬brogate.
È urgente liberalizzare i servizi professionali. Alcuni dei principi affermati nella ma¬novra di agosto sono condivisibili. Gli effetti però sono incerti e rinviati nel tempo. Vanno introdotte misure di applicazione immediata, alle quali affiancare una rifor¬ma strutturale e più incisiva che introduca effettivi elementi di concorrenza e quali¬tà nell’offerta dei servizi professionali.
È indispensabile un’azione energica di semplificazione degli oneri burocratici. Negli ultimi anni sono stati adottati importanti provvedimenti, molti dei quali però sono rimasti privi di effetti pratici per i loro principali destinatari: le imprese.
Le ragioni sono diverse: mancata adozione dei provvedimenti attuativi a livello sta¬tale; resistenze e inerzie nell’applicazione da parte dei funzionari pubblici; norme poco chiare o programmatiche; misure ancora parziali; attuazione disomogenea o carente da parte di Regioni ed enti locali. A quest’ultimo riguardo, l’aver attribuito, con la riforma del Titolo V della Costituzione, alla competenza delle Regioni alcune materie rilevanti per lo svolgimento delle attività di impresa che richiedono una di¬sciplina unitaria ha determinato un proliferare di ordinamenti diversi sul territorio e una moltiplicazione dei centri decisionali, che ostacola l’avvio e lo svolgimento del¬le attività di impresa. Infine, a tutto questo si aggiungono i ritardi e i malfunziona¬menti della giustizia civile, che minano la certezza del diritto e del suo enforcement.
Occorre agire rapidamente su più fronti.
È urgente attribuire una precisa responsabilità politica ad un Ministro o altra auto¬rità, dotandola di incisivi poteri di intervento per garantire l’attuazione delle norme di semplificazione e proporre le necessarie correzioni o integrazioni. In tale proces¬so vanno coinvolte le associazioni imprenditoriali.
Occorre puntare su poteri e meccanismi sostitutivi, sia per risolvere i problemi di mancata attuazione delle misure normative, che per sbloccare i procedimenti am¬ministrativi per l’avvio di attività economiche.
È essenziale riformare il Titolo V della Costituzione per riportare alla competenza esclusiva dello Stato materie che richiedono una disciplina unitaria, tra le quali l’energia, le grandi reti e infrastrutture.
Bisogna proseguire con le semplificazioni normative e amministrative avviate per abbattere gli adempimenti a carico delle imprese e accelerare i procedimenti am-ministrativi necessari per l’avvio di attività economiche.
Nessuna semplificazione è però credibile e può essere apprezzata in quanto tale, se lo Stato non cessa di trattare i cittadini come sudditi. La PA per prima deve rispetta¬re le regole e i contratti e pagare le imprese nei termini pattuiti, abbandonando comportamenti che la connotano come un debitore capriccioso e del tutto inaffi¬dabile.
Infine, per garantire la certezza del diritto, è indispensabile restituire efficienza alla giustizia civile. Va quindi attuata rapidamente e in maniera rigorosa la delega per la revisione della geografia giudiziaria, attribuita con la Manovra di agosto al Governo. Si tratta di una riforma attesa da decenni, che non può essere messa in discussione da pressioni localistiche. Nell’ambito di questa riforma dovranno essere altresì soddisfatte le esigenze di specializzazione dei giudici, con particolare attenzione al¬le controversie commerciali. Occorre poi continuare a puntare sulla mediazione ci¬vile e commerciale quale strumento indispensabile di deflazione del contenzioso.
