Regioni in rivolta, Comuni in agguato, magistrati in sciopero, attori e cantanti in agitazione e muti e studenti in piazza. Insomma l’Italia, dalla testa ai piedi, non ci sta o almeno prova a non starci alla manovra, cioè a spendere in due anni almeno 25 miliardi di denaro pubblico in meno. Tutti giurano per carità che spendere di meno si può e si deve, ma tutti esigono spena di meno qualcun altro. La spesa pubblica italiana è pari a 799 miliardi annui. Lo Stato, tolti i soldi che spende per pagare stipendi, pensioni e interessi sul debito pubblico, insomma i soldi che non può non spendere, spende 84 miliardi di spesa appunto detta “discrezionale”. Quella che attori, cantanti, registi, studenti, psicologi, architetti, avvocati, commercianti e tutta la società organizzata in qualcosa non vuole che si tagli. Altrimenti…”è la morte del teatro, della cultura, dell’impresa, del territorio…”.
Le Regioni, dei 799 totali, spendono in proprio 179 miliardi, circa 120 solo per la Sanità . Il resto è quella spesa che Regioni, Comuni, Governatori, assessori, consiglieri, eletti in ogni lista dicono non si possa tagliare. Altrimenti…”è la morte dei trasporti, degli asili, dell’assistenza…”.
Qua e là scoppiano conflitti tra il comico e il tragico. Come ad esempio la prima guerra del Gra. Il Gra, o anche Grande raccordo anulare, è anello di asfalto che circondava Roma ma che ora è praticamente dentro la città . La manovra che ufficialmente non ricorre a nuove tasse, vuole che chiunque da dovunque arriva a Roma paghi al casello dell’autostrada di ingresso o di uscita un euro in più, quello appunto per percorrere il Gra. Gra che è ormai una strada di fatto urbana. Quindi è tassa anche se non si vede. Il ceto politico romano, da Alemanno sindaco a Zingaretti presidente della Provincia, alla Polverini appena eletta Governatore, sussurra o grida sia un “dispetto leghista”. Poche settimane fa il leghista Zaia Governatore del Veneto aveva gridato allo scippo e imbroglio perchè il Coni aveva scelto Roma come candidata alle Olimpiadi. Roma e non Venezia. E quindi Zaia aveva tuonato: “Non un euro del Nord a Roma”.
Tra il tragico e il comico va sempre in scena la stessa commedia: nessuno vuol tagliare neanche un’unghia di quei 799 miliardi. Almeno dirselo…