ROMA – Le tasse non sono state mai così pesanti in Italia come oggi: il “cuore grondante di sangue” per la manovra non ha impedito al decreto di raggiungere un inusitato record nella storia repubblicana, quello della pressione fiscale più alta registrata nel nostro Paese con il 48,4% del Pil. E la paternità è tutta del governo della riduzione delle tasse, del “non metteremo le mani nelle tasche degli italiani” uno slogan iniziato nel 1994 e portato avanti a ogni campagna elettorale. Fino all’ultima manovra.
L’accordo ancora è da trovare: quali tagli eliminare e con cosa sostituirli? Pdl e Lega si scontrano su come ritoccare la manovra ma il “saldo” che rimarrà invariato, secondo i calcoli, riguarda la pressione fiscale. Che salirà di due punti, attestandosi al 48,4% del Pil. Complessivamente le due manovre del 6 luglio e del 13 agosto sono basate per oltre il 60% su maggiori entrate. Secondo l’analisi del Servizio Bilancio di Camera e Senato le entrate aumenteranno del 5,5% nel 2012, del 5% nel 2013 e del 3,4% nel 2014. La pressione fiscale in rapporto al prodotto interno lordo salirà dal 46,6% del 2011, al 47,7% nel 2012 al 48,4% nel 2013. In pratica due punti in due anni.
Il bollettino del “cosa resta, cosa sparisce” dalla manovra varia di giorno in giorno, in attesta di comunicazioni ufficiali. Secondo Enrico Marro sul Corriere della Sera si dovrebbe procedere per correzioni marginali che non snaturano la manovra approvata.
Statali. Possibili buone notizie: nella manovra è scritto che la buonuscita per loro è ritardata. Pagamento dopo due anni per le pensioni di anzianità, di sei mesi per quelle di vecchiaia. C’è poi la norma che prevede il blocco del pagamento della tredicesima negli uffici che non conseguono gli obiettivi assegnati di riduzione della spesa pubblica. Ebbene, entrambe queste voci potrebbero essere cancellate per alcuni dubbi di costituzionalità e per l’avversione dei sindacati.
Contributo di solidarietà: qui la correzione è data per certa. Nel decreto si parla di un prelievo del 5% sui redditi tra 90mila e 150mila euro, e del 10% oltre i 150mila. La norma potrebbe essere del tutto cancellata oppure, come si dice da qualche giorno, rivista. Magari con un contributo solo per i redditi sopra i 150-200mila euro.
Licenziamenti. Organizzazione del lavoro e licenziamenti: secondo la manovra gli accordi sindacali aziendali possono derogare ai contratti nazionali e alle leggi in materia su questi punti. E’ l’articolo 8 già duramente osteggiato dai sindacati e che potrebbe restare ma con la precisazione che questi accordi sono possibili solo se sottoscritti da rappresentanze aziendali facenti capo alle confederazioni sindacali rappresentative a livello nazionale.
Pensioni. Punto caldo della trattativa con la Lega, le norme sulle pensioni potrebbero essere riviste. Secondo Marro: “Al massimo si parla di anticipare di qualche anno il percorso di aumento a 65 anni dell’età pensionabile delle donne, ora fissato al periodo 2016-2028. Più difficile anticipare quota 97 (62 anni d’età e 35 di contributi) per andare in pensione d’anzianità. Tra le ipotesi messe a punto dai tecnici del governo anche un intervento sui lavoratori con 40 anni di contributi: potrebbero andare in pensione indipendentemente dall’età solo dopo 40 anni di lavoro effettivo, al netto cioè del riscatto di eventuali contributi figurativi”.
Patrimoniale sugli evasori. Se aumenta l’Iva (al 21% come vorrebbe il Pdl) o se si toccano le pensioni la Lega è pronta a giocarsi un jolly per compensare interventi non graditi. Ossia la patrimoniale sugli evasori: si tratterebbe di un prelievo sui patrimoni mobiliari e immobiliari (esclusa la prima casa) superiore a 1-1,5 milioni di euro che subirebbero tutti i contribuenti che negli ultimi tre anni hanno dichiarato redditi non compatibili con tale patrimonio.