ROMA – Anche Veneto e Umbria hanno deciso di unirsi alle regioni del no al ticket sanitario, proprio nel giorno in cui diventa operativa la manovra anche con il super bollo. Non scatterà in Veneto, come in Umbria, in Sardegna, Emilia Romagna, Val D’Aosta, Trentino Alto Adige (dove però verrà introdotto il ticket sui codici bianchi) e Toscana. Il Lazio, per ora, ha deciso di metterli per le visite specialistiche. Il presidente della Regione, Renata Polverini, ha detto che si tratta di “un problema che stiamo guardando con attenzione, che gli uffici stanno valutando e a cui cercheremo di dare risposte nell’ambito delle nostre competenze”.
In Veneto il presidente della regione Luca Zaia ha spiegato: ”Siamo tra le poche Regioni forse l’unica – ha spiegato Zaia – che ha deciso di affrontare questo nuovo salasso pur non avendo ‘superticket’ e addizionale Irpef”. E’ una decisione che il governatore ha preso dopo essersi consultato con l’assessore alla Sanita’ Luca Coletto: ”lo abbiamo voluto fare – ha proseguito Zaia – nonostante minori entrate rispetto ad altre Regioni, si pensi alla Lombardia o all’Emilia Romagna. Anche senza i ticket garantiremo gli alti standar qualitative delle nostre cure come sempre”.
Per il momento non saranno applicati i ticket neanche in Umbria, come ha annunciato la presidente della Regione Catiuscia Marini definendo la misura ”iniqua e ingiusta che colpisce e danneggia i cittadini”. La Marini ha informato di avere dato mandato alla Direzione regionale della sanita’ di inviare una comunicazione a tutte le Asl per la non applicazione dei ticket in attesa di conoscere maggiori indicazioni che la Giunta regionale discutera’ nella seduta di domani.
”Abbiamo deciso – ha detto la Marini – la sospensione dell’applicazione dei ticket sulle prestazioni diagnostiche perche’ la riteniamo una misura iniqua e ingiusta che colpisce e danneggia i cittadini, gia’ pesantemente colpiti dalle ripercussioni della crisi economica sul potere d’acquisto dei redditi specie delle fasce piu’ deboli. Iniqua anche perche’ si tratta di una tassa imposta a tutti senza tenere conto delle differenze di reddito. Inoltre una tale misura danneggia lo stesso sistema sanitari pubblico favorendo e aprendo spazi verso gli operatori privati”.