Roberto Maroni, ministro del governo in carica, è pronto a votare contro il governo, cioè contro Tremonti, se questi non trova nel bilancio pubblico e se non spende subito, nel 2010, almeno un miliardo e cento milioni per la “sicurezza”, cioè per le Forze dell’Ordine. «Questi soldi li ho chiesti direttamente a Berlusconi. Poi in Parlamento, se arriverà dall’opposizione una proposta per dare più soldi alla polizia, noi sosterremmo quella proposta. E se il governo dirà di no, noi della Lega voteremo contro il governo, in questo caso non ci possono essere vincoli di maggioranza».
Che Polizia e Carabinieri siano a corto di fondi è cosa nota e indiscutibile, denunciata in piazza dagli stessi poliziotti pochi giorni fa: niente soldi per gli straordinari, per la manutenzione dei mezzi, perfino per la benzina. Ma è certamente singolare, anzi è un’assoluta novità questo avvertimento preventivo a mezzo stampa: non si era mai visto un ministro annunciare di essere pronto a votare contro il governo e con l’opposizione. O meglio, non si era mai visto che accadesse mentre tutti i protagonisti della vicenda fanno finta sia una cosa normale. Normalmente i ministri di uno stesso governo discutono, litigano, e trovano accordi e compromessi “dentro” il governo. Maroni inaugura un nuovo stile, un nuovo metodo, fa di se stesso “un ministro di lotta e di governo”. E batte cassa per il suo ministero, certo quello più bisognoso, il Ministero degli Interni appunto. Ma se il metodo Maroni facesse scuola?
Il tutto nella giornata in cui Berlusconi, Bossi e Fini dovevano celebrare la cena del “grande accordo”. Sul bilancio e sulla spesa pubblica appunto, sulle candidature alle Regionali e sulle nuove leggi per la giustizia fortemente richieste dal premier. Sul primo capitolo l’accordo andava trovato sulle richieste di spesa pubblica e di taglio delle tasse che vengono dalla maggioranza ma per soddisfare le quali il Tesoro non ha risorse a meno di non creare nuovo deficit. Sui candidati governatori per le elezioni di Marzo andava chiarito se la Lega avrà il Veneto o anche il Piemonte e se Cosentino sarà candidato in Campania. Quanto alla giustizia, Berlusconi vuole provvedimenti che gli diano la sicurezza dello svanire in prescrizione dei suoi processi, insomma annullati per il tempo che trascorre. Ma una legge in tal senso non può non valere per tutti i processi, configurando dunque un’amnistia sotto cui An e la Lega non vogliono apporre la loro firma. Ma la cena del grande accordo è slittata almeno di una settimana, lo ha deciso Berlusconi.
Il motivo del rinvio, quello almeno reso noto, è la ricerca da parte del premier di un accordo elettorale con l’Udc di Casini, partito arbitro del risultato in quattro/cinque Regioni a seconda con chi si allea. Motivo valido. Però l’avvertimento di Maroni e la lentezza con cui marcia la “prescrizione breve” dei processi targata Ghedini indicano che motivi per rinviare ce ne sono altri e grandi. Buoni motivi per “cenare” tra una settimana, ma non buoni auspici per una serena “digestione” di tutte le pietanza sul tavolo alquanto nervoso della maggioranza.