Di più, complice la vanità che ha virato nel delirio di onnipotenza, ha provato a imitarlo, con telefonate in diretta che già appaiono logore nell’abuso che ne ha fatto, negli ultimi 18 anni, lo stesso Berlusconi, ma che con Masi hanno fatto rimpiangere il manzonismo degli stenterelli.
Però Masi, sfondando la barriera del ridicolo, ha dimostrato a Berlusconi che la Rai è ingovernabile secondo i criteri padronali che avrebbe dovuto introdurre.
Secondo quei criteri, perché altrimenti la Rai è perfettamente governabile e governata e tutto quel che vi avviene risponde a una logica che riconduce, come nelle aziende private, agli azionisti. Certo per un manager di aziende normali può essere difficile capire i meccanismi: Giuseppe Glisenti, che pure veniva dall’Intersind, se ne andò dopo 100 giorni.
La Rai è sempre stata un riflesso dell’Italia o quanto meno dei partiti che gli italiani mandavano in Parlamento. C’è chi ricorda ancora le ballerine con i mutandoni dell’era democristiana, in cui però in Rai entravi per concorso, chi ricorda le guerre stellari in cui si ingaggiò Biagio Agnes col dichiarato proposito di spingere Berlusconi fuori mercato: iniziativa meritoria ma che ha spinto la Rai sul precipizio e che ha favorito, ancora ai tempi del Caf, la sostituzione di Agnes con Gianni Pasquarelli, messo lì proprio per tagliare i costi della Rai, in coincidenza, dare un po’ di respiro a Berlusconi assediato dal miraggio Standa e dalla recessione.
Da allora la Rai non è mai più stata impegnata nella concorrenza con Berlusconi: nel breve periodo in cui ne fu a capo esecutivo, come direttore generale, Gianni Locatelli la risanò e fece emergere per la priva volta dalla preistoria un sostanzioso utile, poi Berlusconi andò al governo e la derivata positiva del lavoro di Locatelli andò a beneficio di Letizia Moratti, che, per quanto presidente, ne trasse un grande beneficio di immagine anche se tutti sanno che la carica di presidente è poco più che onoraria e che tutti i poteri sono in mano al direttore generale, che deriva la legittimazione del suo agire non dal consiglio di amministrazione, come in qualsiasi azienda, ma dal ministero del Tesoro.
L’epoca Locatelli fu di breve durata quanto fortunato, perché ebbe alle spalle un governo quasi di salute pubblica, guidato da Carlo Azeglio Ciampi e Giuliano Amato, che, grazie a una forte copertura a sinistra, consentì una inversione di tendenza in materia di costo del lavoro e di tassi di interesse che determinarono, dopo una recessione, il rilancio dell’economia e un assestamento della finanza pubblica.
Il riassestamento dei conti della Rai non impedì un periodo di forte conformismo, che ebbe l’apoteosi nel rinfresco per gli auguri di Natale del 1992, quando, si raccontò all’epoca, pochi osarono avvicinarsi o rivolgere la parola a Bruno Vespa, ostracizzato dalla sinistra per quella inopportuna quanto veritiera frase sulla Dc principale azionista della Rai.