ROMA – Se l’Italicum non passa Matteo Renzi non potrà “fare altro che trarne le inevitabili conseguenze e salire al Quirinale da Mattarella”. E’ quanto scrive Maria Teresa Meli sul Corriere della Sera, riportando le parole che il premier avrebbe ripetuto più volte in questi giorni decisivi. Uno spauracchio da agitare dinanzi agli occhi di chi, all’interno della minoranza Pd, non se la sente di affrontare lo scioglimento anticipato della legislatura e l’incognita delle urne.
All’assemblea del gruppo Pd Renzi confermerà ogni punto della riforma elettorale. E per spaccare la minoranza e provare a ridurre al minimo il fronte del no, è disposto a qualche modifica solo sulla riforma costituzionale. Ultimo gesto di distensione nei confronti dell’ala moderata di Area Riformista, vicina a Roberto Speranza. “Dopo di che – spiegano fonti renziane alla Meli – è il momento che il capogruppo faccia una scelta perché ha un ruolo e non può continuare a fare il capo-corrente e mantenere il ruolo di garante del gruppo”.
Poco prima dell’assemblea è infatti in programma un colloquio tra Renzi e Speranza, che ha già rimesso il mandato di capogruppo alla Camera e potrebbe confermare la sua scelta.
I pontieri del premier sono rimasti al lavoro tutta la giornata di martedì per cercare di evitare all’assemblea del gruppo di oggi una rottura pesante che potrebbe vedere da un lato 100-150 deputati della minoranza e dall’altro i 200 della maggioranza dem. Certo i margini, concessi dal premier per assorbire il dissenso, sono minimi, per non dire nulli. Renzi ha deciso che nel Pd, tra direzioni e assemblee, si è discusso fin troppo e entro maggio, come scritto anche nel Piano Nazionale per le Riforme da mandare a Bruxelles nei prossimi giorni, la riforma deve diventare legge.
Il timing per il premier non concede sbavature: sul tavolo ha puntato la pistola della fiducia come è stato per il Jobs Act, ma secondo Meli è assai improbabile che si arrivi a tanto. Renzi conta di avere i numeri sufficienti: secondo lui una grossa fetta della minoranza, per convenienze di legislatura, in Aula voterebbe sì, “una decina voterà contro e qualche altro magari se ne andrà”, riportano i pallottolieri del premier a Meli.