ROMA – “Prevalga l’interesse dell’Italia e non di parte”: tra le mille voci che si affollano nelle ore successive alla sentenza della Cassazione sul processo Mediaset, che ha confermato la condanna di Silvio Berlusconi per frode fiscale, pur rinviando la questione dell’interdizione dai pubblici uffici, il premier Enrico Letta chiede il rispetto di quanto stabilito dai giudici della suprema corte ed esprime “piena adesione alle parole del Capo dello Stato”, Giorgio Napolitano.
“La strada maestra – afferma il Presidente del Consiglio – è il rispetto per la magistratura e per le sue sentenze. Per il bene del Paese è necessario ora che, anche nel legittimo dibattito interno alle forze politiche, il clima di serenità e l’approccio istituzionale facciano prevalere in tutti l’interesse dell’Italia rispetto agli interessi di parte”.
La risposta del premier, sulla stessa scia di quanto affermato dal Capo dello Stato, punta innanzitutto alla stabilità del governo delle larghe intese. Il messaggio che viene filtrato è chiaro: allontanare al più presto lo spettro delle elezioni anticipate procedere “serenamente” sulla via delle riforme.
Parole che arrivano al termine di una giornata di snervante attesa. Che Letta cerca di ingannare concentrandosi sui provvedimenti allo studio del governo. E’ rimasto chiuso a palazzo Chigi tutto il giorno. Nel pomeriggio, quando i giudici erano già chiusi in camera di consiglio, ha ricevuto Saccomanni, Franceschini e Bray. Con loro ha esaminato i prossimi provvedimenti ed in particolare i dossier sul tavolo del Consiglio dei ministri di domani. Un modo per dimostrare, anche plasticamente, che il governo continua a lavorare.
Il comunicato di convocazione del Cdm esce proprio mentre i giudici della Suprema Corte entrano in aula: fra i punti all’ordine del giorno un decreto per il rilancio della politica dei beni culturali e del turismo. Ma l’attivismo del capo del governo non significa ignorare le conseguenze, enormi, di quanto avvenuto. Quando il presidente della Suprema Corte Antonio Esposito legge la sentenza, il presidente del Consiglio è solo. I ministri sono andati via, ma Letta rimane incollato ad una delle tante dirette dal ‘palazzaccio’.
La strada è strettissima ma nel frattempo il suo esecutivo deve reagire nell’unico modo che può garantirgli maggiori chance di sopravvivenza: e cioè varando quei provvedimenti promessi sia agli elettori di centrodestra che a quelli di centrosinistra.