CAGLIARI – Si dicono “Uniti a Salvini” e sono 13.595. Così si chiama un gruppo di sostenitori della Lega su Facebook che nei giorni scorsi ha dato libero sfogo ai suoi più biechi istinti contro Michela Murgia. A denunciarlo sulla sua pagina Facebook è stata la stessa scrittrice sarda, pubblicando gli screenshot dei messaggi, a lei rivolti, che sono comparsi in calce ad un articolo che sintetizzava un suo intervento in piazza Maggiore a Bologna. Le hanno augurato la morte, lo stupro e altri indicibili insulti.
“Queste sono le reazioni, che si susseguono incontrastate da ore in assenza totale di moderatore – scrive Murgia – Non sono una persona insicura né fragile. Che questa gente mi auguri la morte, lo stupro o mi insulti mi importa poco a titolo individuale. Davanti a questa violenza faccio le sole cose sensate: segnalare il gruppo a FB (cosa che vi invito a fare a vostra volta) e denunciare le persone che hanno scritto le cose penalmente rilevanti”. “Questo gruppo lo faremo chiudere. Cento altri ne sorgeranno e faremo chiudere anche quelli – denuncia – Ma quando è chi governa a legittimare questo registro, l’azione della violenza è pedagogia di stato”.
Per Michela Murgia “questo comportamento ha un nome: si chiama squadrismo ed è l’espressione pratica della violenza come metodo politico”. Quindi si rivolge direttamente a Matteo Salvini, reo di non essersi finora espresso sull’accaduto: “Qualunque leader politico democratico, specialmente uno che fa spendere ai cittadini 404 mila euro all’anno di stipendi per pagare chi si occupa della sua comunicazione, si dissocerebbe immediatamente da chi usa metodi simili. Il ministro degli Interni, che di solito è pronto a twittare su qualunque cosa, invece in casi come questi tace”, nota polemicamente. “Le pagine di sostegno al governo leghista che consentono questo linguaggio, al di là delle intenzioni dei commentatori- osserva tra l’altro Murgia- hanno come scopo l’intimidazione. Non tanto rivolta a me, che ho sempre detto quello che penso e continuerò a farlo, ma a chiunque possa pensarla nello stesso modo e abbia intenzione di dirlo apertamente, in modo particolare se donne”.
“Lasciare questa sequenza di commenti in un gruppo aperto dedicato a Matteo Salvini manifesta l’intenzione di ‘punirne una per educarne cento, facendo vedere a tutti, e soprattutto a tutte, cosa succede a chi ha idee diverse dalle loro e si permette di manifestarle apertamente”, aggiunge la scrittrice.
Infine Michela Murgia conclude osservando che “indicare come bersaglio dell’odio chi esprime dissenso non è un problema né per lui né di conseguenza per il suo staff, perché è un metodo condiviso e praticato ai livelli più alti del partito, dagli insulti sul web alle bambole gonfiabili delle donne avversarie ai comizi, dalle facce dei dissidenti esposte sui manifesti ai raduni di piazza ai bacioni di sberleffo agli scrittori sotto scorta, fino alle botte a chi espone scritte sovversive come ama il prossimo tuo”. (Fonte: Facebook)