Da Triboniano non si muove nessuno. Dopo i continui cambi di fronte, proposte fatte e poi bocciate, sistemazioni offerte e poi ritirate, piani a termine senza sicurezze per il futuro, i rom del campo milanese, che presto verrà smantellato, hanno fatto dietrofront facendo saltare così tutti i piani del ministro Maroni.
Sono 700 i nomadi che vivono nell’insediamento, costato al comune di Milano 2 milioni di euro, e che tra un mese sarà raso al suolo. In principio il piano del ministro dell’Interno aveva pensato di sistemare alcune famiglie del campo in case popolari, circa 25. Ma in Consiglio comunale è insorto il Pdl che ha bocciato la proposta.
Ecco allora il piano B, soldi o progetti di lavoro in patria in cambio della dipartita. Ma i rom non si fidano e la maggior parte delle 20 famiglie che all’inizio avevano accettato hanno fatto marcia indietro. Giovedì in Prefettura doveva essere il giorno della firma, negli uffici sono arrivati otto capifamiglia, ma solo tre hanno firmato. L’Opera Nomadi di Milano, una delle associazioni che si occupa di rom, accusa la politica: “Manca una strategia. I fondi devono essere utilizzati per favorire l’integrazione e non per gli sgomberi”.
“Quel che non accetto – dice don Virginio Colmegna – è la discriminazione. Le 25 case di cui stiamo parlando e la cui assegnazione era stata prevista e finanziata già in agosto dallo stesso piano Maroni di cui sopra, sono legate a progetti temporanei per l’uscita da situazioni di disagio sociale. E osservo che anche dal centrosinistra, in questa circostanza, sono emerse posizioni piuttosto equivoche. Così come non aiutano, anzi, le posizioni dell’area antagonista che contribuisce solo a esasperare lo scontro, proprio come vogliono gli altri: nessuno interessato a risolvere, solo a cercar seguito”.
Insomma Milano vuole il suolo di Triboniano e non sa che farci dei 700 rom tutti regolari che vi abitano da anni. Continue le proposte di sistemazione, tutte però a scadenza, molte delle quali finite in una bolla di sapone. Intanto sta per iniziare la marcia delle ruspe verso il campo rom. Da lì i nomadi però non hanno nessuna intenzione di andarsene.