Monsignor Gioia: “Basta tacchi a spillo e cravatte, imparate da Sant’Antonio”

Il delegato pontificio, monsignor Francesco Gioia, ha voluto commentare la settimana di esposizione delle reliquie di Sant’Antonio. «E’ stato un grande evento: l’ostensione di Sant’Antonio nella basilica di Padova ha dato una dimostrazione straordinaria della devozione popolare – spiega il monsignore – Adesso è tempo di penitenza e con l’inizio della Quaresima prendiamo tutti esempio da Antonio e dalla sua eccezionale capacità di abdicare il corpo in virtù della mente. Si tratta di rinunciare alla vanità: quindi consiglio agli uomini di eliminare le cravatte e alle donne di non camminare su tacchi vertiginosi».

«Per noi oggi è tempo di Quaresima – ha rimarcato monsignor Gioia durante l’omelia – L’uomo moderno vuole soddisfare ogni esigenza del corpo, esaltando all’inverosimile i bisogni del piacere. Dobbiamo invece cambiare mentalità e condotta di vita».

Magari rinunciando ad alcune «apparenze diffuse» in virtù di uno stile di vita «essenziale». Che faccia a meno, ad esempio, di cravatta e tacco: «gli uomini sono disposti a rinunciare alla comodità per l’apparenza – è il monito del delegato pontificio – soffocandosi con la cravatta; allo stesso modo le donne si sollevano su tacchi vertiginosi».

E ancora: «L’uomo moderno conosce meglio il Ramadan (il mese in cui i nostri fratelli musulmani digiunano per disciplinare la gola) piuttosto che i quaranta giorni di quaresima che preparano alla Pasqua della resurrezione cristiana. Il vero cattolico deve imparare ad armonizzare corpo e anima: Antonio ha sottomesso l’uno alle esigenze dell’altra imponendo al corpo di reagire assecondando l’anima. Se pensiamo alle penitenze di Antonio, queste sono sbalorditive, ma noi potremmo cominciare ad essere semplicemente meno vanitosi».

La Basilica è affollata di fedeli, che anche ieri avrebbero desiderato venerare il corpo di frate Antonio, ma il no alla proroga dell’ostensione è stato irremovibile. Il Vaticano, cui compete la decisione, non ha avuto alcun ripensamento alla luce dei 200 mila pellegrini arrivati da ogni angolo del mondo e pronti a far scorrere il fiume della fede per un’altra settimana: la fila lunga di sabato lunga 4 chilometri non lasciava spazio a dubbi sulla volontà di entrare in Basilica per venerare le spoglie del frate.

Finita la messa, monsignor Francesco Gioia, evita con diplomazia ogni polemica sul mancato prolungamento dell’ostensione, ma lascia aperto uno spiraglio sulla gestione delle risorse che la Santa Sede preleva dal Santo: la lista dei lavori per i restauri è infinita. In primis si tratta di rimettere mano alle cupole, rovinate dalle infiltrazioni d’acqua e i lavori effettuati dieci anni fa con il Giubileo non sono stati sufficienti. E del resto non può essere sempre la Fondazione Cariparo a mettere mano al portafoglio. Insomma, il Vaticano assegnerà nuove e maggiori risorse al Santo? Monsignor Gioia tagliato corto: «Si vedrà, si vedrà».

Dopo la sbalorditiva testimonianza di fede dei devoti del frate portoghese, ieri la funziona presieduta da monsignor Gioia, è stata la degna conclusione dell’evento. Hanno concelebrato quattordici religiosi e partecipato più di mille fedeli. Sull’altare anche Gianfranco Girotti, reggente della Penitenziaria Apostolica (per i peccati molto gravi che vengono qui studiati e poi sottoposti al Papa) e padre Jerzi Norel, frate polacco, vicario generale dell’o rdine dei frati minori conventuali.

Alla fine della messa i fedeli hanno ringraziato i 70 frati con un lungo e intenso applauso. Nel pomeriggio invece la messa cantata è stata presieduta da padre Gianni Cappelletto, ministro provinciale dei frati minori conventuali. Alla funzione è seguita la tradizionale processione all’interno della Basilica con la reliquia del mento di sant’Antonio. I frati, dal canto loro, hanno ripetuto, per l’ennesima volta, che un ulteriore sforzo organizzativo sarebbe stato gravoso. «Sabato sera non vedevo l’ora di andare a letto» scherza (ma non troppo) padre Enzo Poiana, rettore della Basilica.

E aggiunge: «adesso vacanza». Almeno fino al 6 marzo, quando il rettore della Basilica si recherà in viaggio nello Sri Lanka con la reliquia del presbiterio e la bara di pietra che per due anni, durante il restauro dell’Arca, ha contenuto il corpo di Antonio. Sarà destinata alla comunità antoniana di Bangalore, in India, dove verrà utilizzata come altare.

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Alessandro Avico