Maggio 2008: Napoli è sommersa dalla “munnezza”. In città si precipitano il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e il sottosegretario Guido Bertolaso. Accompagnati da uno stuolo di fotografi e telecamere studiano le soluzioni possibili, non prima di aver inchiodato il Governatore della Regione Antonio Bassolino alle sue responsabilità. Passa qualche settimana e la situazione, prima al centro e poi lentamente anche nelle periferie, sembra tornare alla normalità.
Settembre 2010: Napoli è nuovamente sommersa dalla “munnezza”. Con l’aggravante di una serie di episodi inquietanti che fanno apparire il problema ancora lontano dalla soluzione: in pieno giorno cinquanta “squadristi” entrano nell’autoparco della Enerambiente, la ditta che si occupa della raccolta in città, e danno fuoco ai mezzi che dovrebbero svuotare cassonetti e strade. C’è di peggio: con tutta probabilità gli squadristi sono lavoratori precari della “Davideco”, la società incaricata della raccolta con un contratto di subappalto. Non basta il raid, ci si mettono anche gli autisti che si ammalano in massa: 65 in una sola notte, roba da epidemia e quarantena d’urgenza.
Che cosa sta succedendo a Napoli? La risposta è complessa e non può che partire dal piano di B&B del 2008. Allora, dopo aver parlato con Bertolaso, il presidente del Consiglio annunciò trionfante: “Problema risolto una volta per tutte in tre anni”. Grazie ad un piano che prevedeva nuove discariche, tre nuovi inceneritori e una forte accelerata sulla raccolta differenziata. Subito prima erano state inaugurate due discariche, Chiaiano e Terzigno, mentre l’inceneritore di Acerra era ad un passo dall’inaugurazione.
Passano due anni e la situazione è simile a quella di partenza. La “munnezza” non è ancora ai livelli del 2008 (per ora la stima è di circa 800 tonnellate sulle strade) ma le due discariche sono quasi piene, Acerra funziona al 30% del potenziale e la differenziata non supera il 20%. In tutto questo c’è la grana dell’appalto della raccolta, quello che causa i raid e la “moria” degli autisti. L’appalto di Enerambiente sta per scadere e al suo posto devono subentrare due nuove ditte scelte col criterio della lontananza geografica dalle possibili infiltrazioni camorristiche. Sono due aziende liguri che hanno fatto i loro conti e hanno stabilito che di assumere i precari della Davideco non se ne parla proprio.
Risultato: oltre ad essere tornata la spazzatura sono tornate le proteste. Ricordate i blocchi davanti al sito di Pianura? Martedì una scena simile si è ripetuta a Terzigno dove la discarica scoppia e si pensa di aprirne un’altra poco lontano. Il problema è sempre lo stesso: discariche e inceneritori dietro casa non piacciono a nessuno. Ma per lo smaltimento dei rifiuti esistono solo tre possibilità: bruciarli, interrarli o riciclarli. Purtroppo non sono commestibili e inceneritori e discariche servono eccome. Altra questione: a chi affidare la gestione della raccolta? Il Corriere della Sera la riassume in modo che più chiaro non si può: “Caso emblematico: Napoli. Asia (3000 dipendenti) affida il servizio ad Enerambiente (470) che a sua volta attinge a piene mani alla cooperativa Davideco (120) e agli interinali (almeno altri 150). Lievitano i costi e le clientele. L’alternativa virtuosa? Le società pubbliche utilizzano il proprio personale e i propri mezzi, evitando di diventare ostaggio di ricatti e minacce”. Alternativa che ad oggi non c’è. I problemi, invece, sono già tanti senza aver neppure pronunciato la parola “camorra”.
A pronunciarla, nel pomeriggio di venerdì 24 settembre ci ha pensato il questore di Napoli, Santi Giuffrè, lo stesso che ha disposto la circolazione sotto scorta dei camion raccogli-immondizia. Il questore fa l’elenco dei possibili colpevoli della situazione attuale: “La camorra ”in primis” ma anche gruppi anarchico-insurrezionali o dell’area dell’antagonismo possono essere interessati a soffiare sul fuoco della protesta legata al problema rifiuti e a scenari di tensione”. Quello che manca, in tutta questa situazione, è un elenco degli innocenti.
L’uomo delle emergenze Bertolaso, intanto, si limita a dire che qualcosa non gli torna: “C’è qualche manina che alimenta l’emergenza”. Meglio ipotizzare un complotto che assumersi delle responsabilità insomma. Al 2011, l’anno in cui il problema secondo Berlusconi doveva essere “risolto una volta per tutte” mancano solo pochi mesi. Staremo a vedere.