ROMA – Napolitano liquida Renzi: “Banditore di smisurate speranze”. L’impressione sul commosso discorso tenuto da Giorgio Napolitano all’Accademia dei Lincei è quella di un amaro commiato a una politica semplicemente non all’altezza della sua missione.
“Après moi le déluge!” (dopo di me il diluvio) sembra dire l’ottantanovenne capo dello Stato, mentre riconosce in Matteo Renzi, senza mai nominarlo ma alludendo con dotta perfidia, parte di quel pregiudizio su una classe politica incolta e fatalmente minacciata dalla “routine burocratica”, dal “carrierismo personale”, dalla “miserevole compravendita di favori”, dal “torbido affarismo e la sistematica corruzione.
Il discorso di Giorgio Napolitano alla Accademia dei Lincei ha un “senso finale […] cupo e sorprendente” secondo Fabrizio D’Esposito del Fatto. Un quadro desolante dove spicca la figura del giovane presidente del Consiglio. Se tra i professionisti dell’antipolitica eversiva non è difficile riconoscere Beppe Grillo e il recente Matteo Salvini, i “senza speranze”, Matteo Renzi è il campione dei “banditori di smisurate speranze”, peraltro gravate anche spesso dall’assenza di un solido retroterra culturale.
La voce si smorza fino al silenzio, che la platea interrompe con un lungo applauso. Il capo dello Stato cita il filosofo Paolo Rossi Monti, morto due anni fa. E riprende una stroncatura dell’amico filosofo che non c’è più, di qui il tono che si spezza e si ferma, dall’operetta Speranze: “Egli stroncò sia i senza speranze sia i banditori di smisurate speranze e indicò, con grande sapienza storica, la strada maestra delle ragionevoli speranze”. Chiosa Napolitano: “Mi auguro siano risultate tali quelle ricavabili dalle mie considerazioni sulla politica, tenendoci ben lontani sia dai senza speranze sia dai banditori di smisurate speranze”.
Com’è tradizione, il presidente non nomina nessuno. Allude in maniera autorevole. Tra i senza speranze colloca gli apocalittici Beppe Grillo e Matteo Salvini, ultimo arrivato. Il banditore invece è uno solo, a fronte del crepuscolo berlusconiano. Il premier, naturalmente. La certezza si radica con le righe successive: “In questo inaspettato prolungamento del mio impegno istituzionale ho avuto la fortuna di incontrare molti giovani all’inizio della loro esperienza parlamentare e di governo, cui sono giunti spesso senza alcun ben determinato retroterra”. Banditori di smisurate speranze per giunta senza alcun ben determinato retroterra. (Fabrizio D’Esposito, Il Fatto Quotidiano)