Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano promulga con alcuni rilievi il “decreto incentivi” . Napolitano, infatti, ha inviato al Presidente del Senato e ai Presidenti del Consiglio e della Camera dei deputati una lettera contenente alcuni rilievi alla legge.
“Il decreto-legge che, nella sua formulazione originaria, conteneva disposizioni riguardanti esclusivamente la repressione delle frodi fiscali, la riscossione tributaria ed incentivi al sostegno della domanda e delle imprese, nel corso dell’iter di conversione è stato profondamente modificato, anche mediante l’inserimento di numerose disposizioni estranee ai contenuti del decreto e tra loro eterogenee”, scrive il Capo dello Stato Giorgio Napolitano nella lettera inviata ai presidenti delle Camere dopo aver promulgato. Tale tecnica, ricorda il Capo dello Stato, è stata “criticata” sia da lui che dai suoi predecessori.
“Parlamento compresso”. Inserire troppe norme eterogenee ha una “sua incidenza negativa sulla qualità della legislazione, per la violazione dell’articolo 15, comma 3, della legge n. 400 del 1988 e, infine, per la possibile violazione dell’art. 77 della Costituzione allorché comporti l’inserimento di disposizioni prive dei requisiti di straordinaria necessità ed urgenza, eludendo la valutazione spettante al Presidente della Repubblica in vista della emanazione dei decreti-legge”, scrive Napolitano che aggiunge: “Ho anche avuto modo di rilevare, più volte e in diverse sedi, che in presenza di una marcata eterogeneità dei testi legislativi e della frequente approvazione degli stessi mediante ricorso alla fiducia su maxi-emendamenti, si realizza una pesante compressione del ruolo del Parlamento, specialmente allorché l’esame da parte delle Camere si svolga con il particolare procedimento e nei termini tassativamente previsti dalla Costituzione per la conversione in legge dei decreti”.
“Contenuti impropri”. “Ove si persista nella tendenza a caricare di contenuti impropri i disegni di conversione dei decreti-legge – scrive ancora Napolitano – la preoccupazione per i rischi che può comportare la decadenza di un determinato decreto-legge non potrà ulteriormente trattenermi dall’esercitare la facoltà di rinvio alle Camere della relativa legge di conversione”.
“Lotta all’evasione”. Il presidente della Repubblica spiega inoltre perché ha scelto di non rinviare la legge sugli incentivi in Parlamento, nonostante le perplessità. “I motivi fin qui illustrati – scrive il capo dello Stato – in sé considerati, potrebbero giustificare il ricorso alla facoltà attribuita al Presidente della Repubblica dall’art. 74 della Costituzione di chiedere alle Camere una nuova deliberazione in ordine alla legge a me trasmessa in data 20 maggio 2010”.
“Tuttavia, trattandosi di una legge di conversione, sono consapevole che tale richiesta, in considerazione della prossima scadenza del termine stabilito dall’art. 77 della Costituzione, comporta il rischio della decadenza del decreto-legge, che contiene disposizioni di indubbia utilità, come quelle relative al contrasto dell’evasione fiscale ed al reperimento di nuove risorse finanziarie”.
La legislazione regionale non può avere effetti sul piano penale, ha evidenziato inoltre il presidente Napolitano nei rilevi al decreto legge ‘incentivi’. In particolare il presidente fa riferimento alla norma dell’articolo cinque del decreto sull’attività edilizia libera che modifica il testo unico sull’edilizia dando ampi spazi di manovra in questo campo.
Una misura che in buona sostanza dà mani libere alle regioni sul ‘piano casa’. Nel testo, infatti, si “prevede che le Regioni a statuto ordinario possono, tra l’altro, estendere la previsione di attività edilizie ‘libere’ rispetto alle fattispecie individuate dalla legge statale”. “Questa disposizione solleva rilevanti perplessità – sottolinea il Capo dello Stato – nella parte in cui consente alla legislazione regionale di spiegare effetti anche sul piano penale poiché, come affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 196 del 2004, resa proprio in materia edilizia, che ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione ricade nella legislazione concorrente, non vi è dubbio sul fatto che solo il legislatore statale può incidere sulla sanzionabilità penale”.
Appena ricevuta la lettera il Presidente del Senato, Renato Schifani, ne ha trasmesso copia ai Presidenti dei Gruppi parlamentari di Palazzo Madama.