Napolitano. “Sua imminenza”, la copertina de Il Manifesto

Napolitano. "Sua imminenza", la copertina de Il Manifesto Napolitano. "Sua imminenza", la copertina de Il Manifesto
Napolitano. “Sua imminenza”, la copertina de Il Manifesto

ROMA – Con la consueta irriverenza Il Manifesto accoglie l’ultimo discorso del presidente della Repubblica (ultimo in senso cronologico, ma vicino a essere anche l’ultimo in senso storico) con copertina a effetto: “Sua imminenza” è il titolo che campeggia sotto una foto di Giorgio Napolitano in poltrona presidenziale sulla prima pagina di oggi (19 dicembre).

Riforme appese a un filo, Europa allo sbando, stabilità a rischio. Napolitano conferma il suo «addio imminente» ma vede sgretolarsi i pilastri del suo inedito «novennato». Il governo Renzi annaspa sui conti della finanziaria e cerca il difficile accordo sul prossimo inquilino del Quirinale

Quirinale. «Dimissioni imminenti», a gennaio. Renzi vuole anticiparle, votando riforme e Italicum in 20 giorni prima che il parlamento cominci a votare il successore. Per ottenere il via libera di Berlusconi è disponibile a rinviare l’entrata in vigore dell’Italicum al 2017. Non a correggerlo adesso.

Occhielli e catenacci inquadrano il delicato momento istituzionale. Non senza critiche ragionate che in un articolo di appoggio all’apertura a firma Alfio Mastropaolo prende sul serio l’attacco del presidente al’anti-politica cercando di dimostrare che “neanche il Colle è immune dal virus”, visto che la sua analisi si ferma a Mani Pulite senza un accenno al ventennio berlusconiano, principale incubatore, secondo Mastropaolo, del suddetto virus, al cui contagio non sarebbe immune nemmeno Matteo Renzi.

Sap­piamo bene che tutto si regge: il mal­go­verno ha impe­dito di affron­tare ade­gua­ta­mente il declino indu­striale, il debito pub­blico è cre­sciuto a dismi­sura per­ché il paese non cre­sceva e spre­cava per ragioni di con­senso e in malaf­fare. Adesso le spie­tate misure di risa­na­mento impo­ste dall’Europa stanno stran­go­lando l’economia e l’intera società. E gli unici rimedi pare siano l’abolizione del Senato, un’ inde­cente legge elet­to­rale, la rimo­zione manu mili­tari dell’art. 18 e le Olim­piadi a Roma nel 2024. Pre­si­dente, come si fa a non essere anti­po­li­tici in que­ste con­di­zioni?

Eppure, Napo­li­tano una parte di ragione ce l’ha. L’antipolitica si nutre dei fal­li­menti della poli­tica, ma pure dei discorsi irre­spon­sa­bili pro­nun­ciati con­tro di essa. Discorsi che oggidì pos­siamo attri­buire a Grillo e a Sal­vini, ma che sono stati pro­nun­ciati anche da molti altri. Chi è senza pec­cato, sca­gli la prima pietra. L’antipolitica risale a molto indie­tro nel tempo. Era anti­po­li­tica già il movi­mento refe­ren­da­rio dei primi anni 90. È stato anti­po­li­tica il leghi­smo, ma anche il ber­lu­sco­ni­smo, che l’ha anzi por­tata al governo.

E, per venire a casi più recenti, Renzi non scherza affatto in mate­ria. Non lesina espres­sioni offen­sive nei con­fronti degli avver­sari poli­tici e non rispar­mia dema­go­gici appelli al popolo sovrano. A ben vedere, un po’ di anti­po­li­tica l’ha fatta anche Lei, Signor Pre­si­dente, quando, col­las­sato il ber­lu­sco­ni­smo, anzi­ché seguire la via mae­stra delle urne, com­mis­sa­riò la poli­tica chia­mando a Palazzo Chigi un Sommo Tec­nico, che aggiunse disa­stro a disastro. (Alfio Mastropaolo, Il Manifesto)

Published by
Warsamé Dini Casali