ROMA – Il pubblico ministero Nicola Gratteri conferma: “E’ stato Giorgio Napolitano a bloccare la mia nomina a ministro della Giustizia del governo Renzi”. Lo ha detto lo stesso procuratore di Catanzaro ad Antonello Piroso, che lo ha intervistato per il quotidiano La Verità.
Il nome di Gratteri, sotto scorta dal 1989 per la sua lotta alla ‘ndrangheta, era uno di quelli circolati per la nomina a ministro della Giustizia nel febbraio del 2014. Ma l’allora presidente della Repubblica mise il veto. Il motivo lo spiega lo stesso Gratteri:
“Perché la prassi dice che un pm non può essere a capo del relativo dicastero. Questo però non varrebbe per i medici, che possono fare i ministri della Sanità. O per i militari, che so?, ai vertici della Marina che possono fare il ministro della Difesa”.
Eppure, ricorda Piroso, Francesco Nitto Palma venne scelto dal governo Berlusconi come ministro della Giustizia nonostante fosse pm. E il presidente era sempre Napolitano…
“Quello che le posso dire, continua Gratteri, è che Renzi era entusiasta, eccitato, euforico quando per due ore di seguito gli ho esposto il mio programma per far girare meglio e a pieno regime gli ingranaggi della giustizia italiana. E del resto a luglio 2014 mi nominò presidente della commissione per l’ elaborazione di proposte normative in tema di lotta alle mafie, incarico non retribuito e a spese mie, che ha portato a un dossier chiuso il 31 dicembre successivo”.
Il piano del procuratore calabrese prevedeva uno snellimento e una razionalizzazione del lavoro della giustizia, con l’informatizzazione del processo penale, l’uso delle videoconferenze per risparmiare sui trasferimenti e la digitalizzazione degli atti dei processi. Gratteri avrebbe voluto anche un aumento del carcere per i boss fino a 30 anni, l’inasprimento delle pene per i reati di associazione di tipo mafioso, la pena minima aumentata anche per gli affiliati semplici, la riapertura di tre supercarceri, tra cui Pianosa e Asinara, la confisca obbligatoria dei patrimoni, con annessa riforma anche dell’ Agenzia dei beni sequestrati alle mafie da spostare da Reggio Calabria a Roma, oltre al carcere per tutti i reati ambientali. Non solo: Gratteri avrebbe anche voluto estendere l’utilizzo delle intercettazioni, come ha spiegato lui stesso a Piroso:
“L’intercettazione va disposta quando è necessaria per lo svolgimento delle indagini, anche in presenza di semplici “indizi di reato”. Le autorizzazioni vanno prolungate da 20 a 40 giorni. A tutela della difesa, è fatto divieto all’autorità giudiziaria di inserire integralmente i testi delle intercettazioni, per evitare che vengano divulgate informazioni extraprocessuali. Insomma, niente più copia e incolla delle conversazioni nei provvedimenti giudiziari, a eccezione delle sentenze, e conseguente introduzione del reato di “pubblicazione arbitraria”.
Ma tutto questo è rimasto carta bianca, dopo il veto di Napolitano.