PALERMO – Il Consiglio Superiore della Magistratura “influenzato dal suo capo” (cioè Giorgio Napolitano), Renzi fa le riforme “con un condannato” (cioè Berlusconi): il pm di Palermo Nino Di Matteo (noto soprattutto per essere la pubblica accusa nel processo Stato-Mafia) ne ha per tutti durante la commemorazione della morte di Paolo Borsellino.
“Non si può ricordare Paolo Borsellino – ha detto dal palco – ed assistere in silenzio ai tanti tentativi in atto – dalla riforma già attuata dell’Ordinamento Giudiziario a quelle in cantiere sulla responsabilità civile dei giudici, alla gerarchizzazione delle Procure anche attraverso sempre più numerose e discutibili prese di posizione del Csm – finalizzate a ridurre l’indipendenza della magistratura a vuota enunciazione formale con lo scopo di comprimere ed annullare l’autonomia del singolo Pubblico Ministero”.
Poi il riferimento al capo dello Stato. “Non si può assistere in silenzio – dice – all’ormai evidente tentativo di trasformare il pm in un semplice burocrate inesorabilmente sottoposto alla volontà, quando non anche all’arbitrio, del proprio capo; di quei dirigenti degli uffici sempre più spesso nominati da un Csm che rischia di essere schiacciato e condizionato nelle sue scelte di autogoverno dalle pretese correntizie e politiche e da indicazioni sempre più stringenti del suo Presidente”.
E ancora la bacchettata al premier Renzi, accusato di essersi seduto al tavolo delle riforme con Berlusconi. “Oggi un esponente politico, dopo essere stato definitivamente condannato per gravi reati, discute – ha detto il pm – con il Presidente del Consiglio in carica di riformare la legge elettorale e quella Costituzione alla quale Paolo Borsellino aveva giurato quella fedeltà che ha osservato fino all’ultimo suo respiro”.
Nel discorso di Di Matteo non sono mancati i riferimenti alla verità ancora da accertare sulle stragi. Concetto su cui era intervenuto, nel ricordare Borsellino, anche Giorgio Napolitano che in un messaggio inviato a Manfredi Borsellino ha auspicato “che i processi ancora in corso possano fare piena luce su quei tragici eventi, rispondendo così all’anelito di verità e giustizia che viene da chi è stato colpito nei suoi affetti più cari e che si estende all’intero Paese”. “E’ indispensabile – ha quindi aggiunto il capo dello Stato – non dimenticare che un’azione di contrasto sempre più intensa alla criminalità organizzata trae linfa vitale dallo sforzo di tutti nell’opporsi al compromesso, all’acquiescenza e all’indifferenza”.
Le parole di Di Matteo sono state criticate soprattutto dai politici di centrodestra, con Luca d’Alessandro (FI) che definisce il pm palermitano “esempio della parte peggiore della magistratura, che approfitta di ogni occasione per svolgere un ruolo politico”, e Fabrizio Cicchitto (Ncd) che definisce Di Matteo “un mediocre imitatore di Ingroia. E’ inquietante che un tipo del genere abbia per le mani indagini delicatissime e ovviamente uno dei suoi scopi e’ quello di andare addosso al Presidente della Repubblica”. Secco anche Andrea Mazziotti, di Scelta Civica, che invita il pm a indagare “seriamente e in silenzio”.