Berlusconi parla di “decisione doverosa”. Sarkozy di “ritorno storico”. Il nucleare è il piatto forte del vertice di Parigi. Ma questa non è una sorpresa, perché da un pezzo Roma e Parigi ‘flirtano’ sull’energia atomica. Le sorprese, forse, arriveranno dopo, con la costruzione degli impianti, quando bisognerà affrontare il veto delle Regioni. Soprattutto quelle destinate a ospitare i siti, che potrebbero essere 4,almeno secondo quanto ha annunciato il ministro dell’Ambiente Prestigiacomo.
Finora l’idea di una centrale sul proprio territorio non ha fatto breccia nel cuore dei governatori. La maggior parte si è opposta, seppure con sfumature diverse. Undici si sono rivolti alla Corte Costituzionale. Il tema resta un nervo scoperto e puntualmente riaccende la scontro politico. Su fronte del ‘no’ senza se e senza ma, sono schierati diversi governatori di centrosinistra: Vendola in Puglia, Errani in Emilia Romagna, Rossi in Toscana, De Filippo in Basilicata, pronto a farsi paladino di una “nuova grande mobilitazione civile se ci saranno incursioni ‘manu militari’ del governo”. Ma, dal centrodestra, anche Cappellacci in Sardegna, Iorio in Molise, Lombardo in Sicilia, Tondo in Friuli Venezia Giulia non hanno mai mostrato grandi aperture. Venerdì 9 aprile, per esempio, Tondo ha ribadito che il nucleare gli interessa, ma oltreconfine, con “il raddoppio della centrale slovena di Krsko”.
Mantiene “riserve” sull’ipotesi di un impianto in terra veneta il neo governatore leghista Luca Zaia: “Decideranno i tecnici, ma la vedo dura”. Articolato il parere di Roberto Formigoni, che in campagna elettorale giudicò “positiva” la riapertura del governo al nucleare, ma disse anche che in Lombardia il nucleare non serve perché la regione è “autosufficiente” sul piano energetico. Una posizione analoga a quella espressa in Lazio dalla Polverini. Possibilista Cota: “Meglio una centrale pulita in Piemonte che una vecchia in Francia”, disse prima di essere eletto. E ieri, durante la registrazione di una trasmissione tv, pur senza pronunciare la parola nucleare, ha dichiarato che “in Piemonte l’energia costa il 50% in più che in Francia”, che “bisogna rompere la dipendenza dal petrolio” e che forse le pale eoliche non bastano per fare tutto questo. Il Piemonte è destinato a ospitare uno dei 4 siti nucleari previsti dal piano nazionale? Si vedrà. In passato, fu così.
Tra il ’60 e l’80, quando l’Italia entrò nel nucleare, a Trino Vercellese fu realizzato uno dei 4 impianti italiani con quelli di Caorso (Piacenza), di Garigliano (tra Latina e Caserta) e di Latina, poi smantellati. Ora circolano molti nomi: da Termoli a Porto Tolle, da Scanzano Jonico a Montalto di Castro, oltre alla stessa Trino e, ancora, a Caorso. “Adesso Berlusconi dica dove farà le centrali”, chiede a questo punto il presidente nazionale dei Verdi, Bonelli. Enrico Letta, vicesegretario nazionale del Pd, accusa Berlusconi di essere un “mercante di tappeti”, che a livello nazionale rilancia il nucleare, ma quando va in periferia, se si tratta di “prendere due voti in più ” promette: “non in questo comune”.
La responsabile Ambiente del Pd, Stella Bianchi, saluta l’intesa Italia-Francia come “un accordo sopra le teste dei cittadini per comprare tecnologia francese vecchia e costosa”. “Una cambiale in bianco sul futuro e sulle tasche degli italiani”, rincara Realacci, che nel Pd è responsabile green economy. E il presidente dei senatori Idv, Belisario, annuncia un nuovo referendum sul nucleare.