«Se potessi scegliere dove mettere una centrale nucleare me la metterei nel giardino di casa» a parlare è Claudio Scajola. Da giorni infatti stanno circolando i nomi dei possibili luoghi in cui le centrali nucleari potranno essere realizzate. Anche Blitz Quotidiano ieri 8 dicembre ha pubblicato una lista con i possibili luoghi in cui le centrali nucleari potrebbero sorgere.
Per il 15 febbraio intanto, dovrebbero essere pronti i quattro provvedimenti del governo necessari per poter costruire le nuove centrali in cui si dovranno sciogliere una serie di temi spinosi: quali tecnologie impiegare, dove depositare le scorie, con quanto compensare gli enti locali che accoglieranno gli impianti e soprattutto servirà indicare i luoghi in cui sorgeranno le nuove centrali.
Da mesi tuttavia circolano già le presunte liste con i luoghi dove erano già presenti i vecchi impianti. Oppure dove era stata avviata la costruzione di centrali quando, nel 1987, il referendum antinucleare bloccò tutto: tra questi ci sono Trino vercellese, Caorso, Montalto di Castro, Latina e Garigliano. E sempre ieri il presidente dei Verdi Angelo Bonelli ha rivelato la dislocazione dei siti a sua conoscenza che sarebbero gli stessi, più Oristano, Palma (in Sicilia, Agrigento) e Monfalcone.
Queste località erano considerate idonee trent’anni fa: risale infatti al 1979 la mappa elaborata dal Cnen sulla base di alcuni parametri come il rischio sismico, la presenza dell’acqua, il tasso di urbanizzazione, l’esistenza di infrastrutture. Parametri che da allora possono essere anche molto cambiati. La portata idrica del Po, per esempio, non è più quella del 1979, molte aree poco urbanizzate sono oggi iperabitate.
Inoltre oggi la scelta dei siti «idonei » non spetta formalmente all’Enel, che può soltanto proporli, ma all’Agenzia per la sicurezza nucleare che ancora dev’essere costituita. Per esempio, un orientamento «politico» di fondo del governo: realizzare al Nord la prima delle quattro centrali previste dal piano. Ma si sa, per esempio, che l’area non dovrebbe coincidere con quelle che hanno già ospitato un vecchio impianto atomico e questo porterebbe a escludere Caorso e Trino. Se il sito in questione dev’essere poi in prossimità del mare, a causa delle sofferenze del Po, allora la ricerca si restringe. C’è la Toscana settentrionale con l’area di Cecina, città natale del ministro nuclearista Altero Matteoli, ma la regione è governata dal centrosinistra e ha già fatto ricorso contro la legge Scajola: la battaglia sarebbe durissima.
Nella mappa dei siti possibili figura anche l’isola di Pianosa, ma oltre ai problemi di cui sopra ci sarebbe la controindicazione del costo esagerato. Minori difficoltà esisterebbero per la costa adriatica, in particolare quella Friuli Venezia Giulia e il delta del Po. Ma se la zona di Monfalcone è abbastanza congestionata, il Polesine, area a una trentina di chilometri da Chioggia, lo è molto meno. Va ricordato che a favore della localizzazione di una centrale atomica in Veneto si era già espresso il governatore Giancarlo Galan (uno dei pochi a non aver fatto ricorso alla Consulta) con riferimento alla conversione a carbone di Porto Tolle.
Ultimo problema da affrontare è quello delle scorie. Se la prima centrale dovrebbe essere fatta al Nord, sembra garantito che il deposito delle scorie sarà al Sud, contando così su una reazione più blanda delle popolazioni coinvolte.