ROMA – C’è la nuova legge elettorale, approvata alla Camera con 365 sì, 156 i contrari, 40 gli astenuti. Con le varie soglie, il ballottaggio, il no alle preferenze. E’ il testo che esce dal voto alla Camera, ora l’iter ricomincia in Senato: lavoro in Commissione, emendamenti, voto finale anche in Senato. Dove la minoranza Pd è più corposa, Matteo Renzi tiene meno “a bada” il partito, e i senatori dovranno esprimersi su una legge che non contempla più (o lo contempla fortemente cambiato) il Senato stesso.
Ma questa è questione successiva. Per ora c’è una nuova legge che prevede 120 collegi, grandi più o meno come le province: in ogni collegio ciascun partito presenta una lista corta, 5-6 candidati, non ci sono preferenze, né capilista distribuiti al 50% tra uomini e donne.
Vince al primo turno le elezioni chi prende il 37%, cosa che dà diritto a un premio di maggioranza del 15%. Se invece nessun partito o coalizione raggiunge questa soglia allora vanno al ballottaggio i primi due. Chi vince il ballottaggio ha a sua volta diritto a un premio di maggioranza ma più basso: 6 deputati di premio. Altre soglie: 4,5% per entrare in Parlamento. Una coalizione ha bisogno invece del 12%, un partito che si presenta solo deve avere almeno l’8%.
Non c’è la norma cosiddetta salva Lega, quel meccanismo che consente di entrare in Parlamento anche se nazionalmente non si è raggiunta la soglia del 4,5 ma in alcuni territori nazionali si è superata una soglia che non è stata definita.
C’è parità nelle candidature: 50% devono essere donne, ma ogni partito decide come meglio crede come distribuirle in lista (nelle posizioni più alte c’è maggior probabilità di farcela, ovviamente). Chi è contro questa legge?M5s, la Lega, i piccoli partiti (Sel e alcuni centristi che vogliono abbassare le soglie) contraria la minoranza Pd che invece al Senato è maggioranza. Sarà proprio al Senato che si riapriranno le questioni donne, preferenze, soglie. Parallelamente il Senato deve discutere la riforma che abolisce se stesso, o quantomeno lo stravolgerà. Prevedibile che, sulla legge elettorale, la tendenza sarà a tirarla per le lunghe.