Ospedali, quanti posti letto tagliano? Balduzzi: “7.389”. Corriere: 26-30 mila. Sole: 13-20 mila

Renato Balduzzi, ministro della Salute e Vittorio Grilli, ministro dell’Economia (LaPresse)

ROMA – Quanti posti letto negli ospedali saranno tagliati dalla spending review? Sono “almeno 7.389 unità” secondo il ministero della Salute, 13-20 mila per il Sole 24 Ore, 26-30 mila secondo il Corriere della sera. Tenendo conto che il governo ha chiaramente tutto l’interesse a minimizzare la cifra, ma anche che Sole e Corriere non sono certo giornali antigovernativi.

L’unica certezza è il punto d’arrivo: dopo i tagli della spending review, rimarranno 224.318 posti letto nel Sistema sanitario nazionale, una media di 3,7 posti per mille abitanti in ogni Regione. Le Regioni che si trovano sotto questa quota potranno aumentare i posti fino a raggiungere quota 3,7/1000.

Non c’è accordo invece sul punto di partenza: 231.707 secondo il ministero, 251.023 per il Corriere della Sera, 237.022 per il Sole 24 Ore.

La versione del ministero della Salute, guidato da Renato Balduzzi, è nello schema di decreto sulla “Definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera“, inviato alla Conferenza Stato-Regioni dal ministro Balduzzi di concerto con il Ministro dell’Economia Vittorio Grilli.

Il Regolamento, si legge nella nota del ministero, indica il metodo di calcolo per la riduzione delle Unità operative complesse e la riconversione delle strutture ospedaliere.

“Al 1 gennaio 2012 in Italia erano presenti 231.707 posti letto (3,82 ogni mille abitanti) di cui 195.922 per acuti (3,23 ogni mille abitanti) e 35.785 per post-acuti (0,59). La legge 135/2012 indica come obiettivo una media complessiva di 3,7 posti letto per mille abitanti, di cui 0,7 deve essere dedicato a riabilitazione e lungo-degenti e i restanti 3 per gli acuti.  I posti letto devono quindi arrivare in totale a 224.318. Di questi 181.879 dovranno essere per acuti (- 14.043) e fino a 42.438 per post- acuti (+ 6635).

I calcoli per il taglio o la riorganizzazione dei posti letto, si spiega nella nota del ministero,

”si basano sulla popolazione generale di ogni Regione pesata e corretta in base alla percentuale di anziani e ai flussi di mobilità ospedaliera tra Regioni. Il correttivo tiene conto del fatto che alcune Regioni registrano una mobilita’ attiva, in quanto i propri ospedali attraggono pazienti residenti altrove. In cinque Regioni (Lombardia, Provincia autonoma di Trento, Emilia Romagna, Lazio e Molise) si riscontrerà una diminuzione dei posti letto di entrambe le tipologie, mentre ”l’Umbria è l’unica Regione che potrà aumentare i posti letto in entrambe le tipologie e in Piemonte diminuiranno i posti per post-acuti e potranno aumentare quelli per acuti.

Le Regioni rimanenti (Valle d’Aosta, Provincia autonoma di Bolzano, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Toscana, Marche, Abruzzo, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna) al contrario – conclude la nota – potranno aumentare i posti per post-acuti e dovranno diminuire quelli per acuti. In sei di queste Regioni (Liguria, Toscana, Abruzzo, Campagna, Puglia e Sicilia) il numero dei posti letto, per effetto del gioco dei saldi, potrà complessivamente aumentare”.

Sulla questione è intervenuto anche Roberto Formigoni. Per il governatore della Lombardia, il provvedimento del Governo e il conseguente taglio dei posti letto “è sbagliato sia dal punto di vista del metodo e sia nel merito. Per questo la Regione Lombardia si battera’ in ogni sede, a partire dalla conferenza Stato-Regioni, per cambiarne i contenuti”

Il presidente della Regione Lombardia spiega: “Da un punto di vista del metodo, il documento si caratterizza per un’estrema invasività nelle competenze regionali. Nel merito ci sono una serie di prescrizione molto vincolanti e sbagliate che riguardano in particolare la mobilità sui ricoveri, l’erronea considerazione delle cure subacute e dei relativi posti letti e l’esclusione dal sistema delle strutture private con meno di ottanta letti”.

“Per tutte queste ragioni – conclude Formigoni – il giudizio sul decreto del Governo da parte nostra è negativo”.

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