Il regolamento sulla par condicio votato il 9 febbraio dalla commissione di Vigilanza Rai vale anche per l’emittenza privata. A stabilirlo è la commissione Servizi e prodotti dell’Autorità per le Comunicazioni che ha votato a maggioranza la conformità delle norme.
A votare a favore sono stati Michele Lauria, di area Pd e Sebastiano Sortino con Gianluigi Magri, di area Udc. Invece i l presidente Corrado Calabrò ha votato contro insieme a Giancarlo Innocenzi, area Pdl.
I tre sì vogliono evitare di creare un vantaggio all’emittenza privata rispetto alla Rai, vantaggio che si rifletterebbe anche sugli introiti pubblicitari. Il «no» di Calabrò è legato invece a una sua convinzione: il regolamento Beltrandi, che sottopone le trasmissioni di informazione alle stesse regole delle tribune elettorali, sarebbe in netto contrasto con la legge-madre sulla par condicio che invece sottrae quegli appuntamenti ai vincoli distinguendo, dice Calabrò, tra comunicazione politica e informazione.
Il voto per l’allargamento della par condicio ha provocato il ricorso al Tar sia di Mediaset che di Sky. Secondo Mediaset, «l’Agcom ha fatto proprio il regolamento della Commissione parlamentare di Vigilanza per il servizio pubblico che risponde a principi costituzionali ed è disciplinato da norme diverse da quelle che regolano l’emittenza privata. Pertanto l’estensione automatica delle norme sulla par condicio dettate per il servizio pubblico alle tv private risulta assolutamente priva di fondamento». Secondo Sky, la decisione è «in evidente violazione dei principi di libero mercato ma, soprattutto, del principio di libertà d’opinione e di espressione previsto dalla Costituzione italiana».
Intanto alla Rai si pensa a un Consiglio di amministrazione straordinario per decidere come rispettare il regolamento del’Agicom. Il direttore generale Mauro Masi sarebbe orientato verso una soluzione di questo tipo: via i politici dagli approfondimenti e largo spazio nei palinsesti alle tribune politiche.