Parole di guerra e di missione. Il multilateralismo è bipartisan, la democrazia piace più a destra

ROMA – Le missioni all’estero sono sempre “umanitarie”, lo ha detto la destra come la sinistra, sempre quando devono legittimarle. La parola multilateralismo è bipartisan, democrazia piace più a destra. Il Sole 24 ore di parole non dette ne snocciola un po’ e i dati sono presi dal libro di Pietro Ignazi, Giampiero Giacomello e Fabrizio Coticchia “Just don’t call it war! Italian military missions abroad”.

Con la sinistra al governo 1999, nei discorsi su Allied Force in Kosovo la parola più gettonata è stata multilateralismo, che ha totalizzato il 68 per cento. A seguire con il 35,5 per cento la parola pace, poi guerra con il 32 per cento, sicurezza con l’11, diritti umani con il 5, minaccia 4% e democrazia 2,5.

Con la destra, alla maggioranza dal 2003, i principali temi sul dossier Iraq sono stati dominati dalla parola multilateralismo in testa con il 23 per cento. La sicurezza è stata menzionata per il 21 per cento, democrazia per il 17, pace a quota 16, terrorismo 14.5, guerra 10.

Scrive il Sole 24 Ore: “L’approccio adottato dai politici durante la crisi libica è in linea con le scelte dei decision-makers nel corso delle principali crisi internazionali nelle ultime due decadi. I tratti costanti sono: il basso profilo da un punto vista militare (missioni depotenziate dal punto di vista di mezzi e risorse in Iraq e Afghanistan); l’estrema cautela e riluttanza nell’impiegare la forza (emblematica la scelta di ricorrere alla trattativa nei confronti dei signori della guerra somali, delle milizie sciite a Nassiriya, dei clan afghani); la richiesta di una soluzione diplomatica parallela alle azioni militari (si rammentino le proposte di accordo rivolte a Saddam Hussein e Slobodan Milosevic); la permanente centralità della politica interna (il tema dell’immigrazione, oggi come negli anni Novanta, elemento centrale della discussione dopo le crisi balcaniche); l’affannosa ricerca di visibilità internazionale attraverso un presenzialismo militare e diplomatico (la ricorrente proposta di ospitare in Italia conferenze di pace, e il comando operativo Nato delle missioni sulla Libia a Napoli); il richiamo ai valori di multilateralismo, pace e umanitarismo; l’inconsistenza tra retorica e realtà sul terreno (la missione in Iraq Antica Babilonia nel 2003, interpretata come intervento di pura “emergenza umanitaria”)”.

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