Pd: banda larga per tutti. Gentiloni: è in gioco la competitività italiana

Paolo Gentiloni, responsabile comunicazione del Pd

Dare accesso ad Internet a tutti, incentivare la diffusione della Banda Larga e dell’ultrabanda (quella dai 50 ai 100 MB) per fare dell’Italia un Paese ancora competitivo nel settore delle comunicazioni, per non finire in un vicolo cieco. Perché su internet e i nuovi media si gioca, oggi, la competitività dei Paesi. Questa la proposta/battaglia intrapresa dal Partito democratico che oggi ha programmato una serie di incontri e dibattiti a Roma sul tema della comunicazione e della banda larga. A fare da “padrone di casa” è stato il responsabile della comunicazione del Pd, Paolo Gentiloni che mette in guardia dal pericolo per l’Italia di rimanere indietro se, entro pochi mesi, non si farà qualcosa per incentivare e finanziare la realizzazione di una rete in fibra ottica che possa rendere possibile un’ampia copertura della banda larga anche nel nostro Paese. Gentiloni, in questo senso, esorta a “lavorare tutti e insieme” per lo stesso obiettivo.

Il primo obiettivo del Pd è “garantire l’accesso alla banda larga a tutti i cittadini sbloccando il Piano del governo. Investire almeno una parte degli 800 milioni promessi, anche come contributo alla ripresa dell’economia. Eliminare il digital divide entro il 2012 affermando così la banda larga come servizio Universale”. Inoltre “assegnare con una gara ai nuovi servizi di tlc le frequenze liberate dalla transizione della tv dall’analogico al digitale come nel resto dell’Europa”.

Della nuova sfida alla banda larga si è parlato in una tavola rotonda moderata da Stefano Quintarelli e a cui hanno partecipato, oltre allo stesso Gentiloni, il presidente dell’Autorità garante delle comunicazioni, Corrado Calabrò, il presidente della Cassa depositi e Prestiti Franco Bassanini, il Presidente di Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici Stefano Pileri, il presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti e il deputato del Pdl Luca Barbareschi.

Il punto su cui ci si è confrontati è l’urgenza di potenziare in Italia il sistema delle reti di prossima generazione. Come ha sottolineato Paolo Gentiloni, il nostro paese rischia di “perdere anche uno dei pochi vantaggi competitivi che ha finora avuto: il numero di accessi in banda larga da rete mobile”. L’ex ministro afferma ancora: “Una cosa da fare è distribuire con asta pubblica tutte quelle frequenze che sono state liberate dal passaggio dalla tv analogica a quella digitale. L’Italia è l’unico Paese dove non c’è una redistribuzione di queste frequenze, che potrebbero essere utilizzate per lo sviluppo di nuovi servizi di telecomunicazione e invece ancora oggi vengono concesse alla tv. Si ha la sensazione che siamo di fronte ad un governo televisivo che non ha ancora capito l’importanza del passaggio alle nuove reti di comunicazione”.

Un ragionamento che trova un favore bipartisan. Luca Barbareschi, del Pdl, non ha infatti avuto timore a denunciare un “dolo politico” di questa arretratezza tutta italiana. Dolo che, in gran parte, lo stesso Barbareschi attribuisce alla sua parte politica: “Romani che aspetta?  – ha affermato il deputato Pdl – Abbiamo finanziato molte municipalizzate a Palermo che sono fallite nel giro di 24 ore e non troviamo i soldi per fare lo start up della banda larga?”. “Evidentemente – ha aggiunto Barbareschi – c’è qualcuno che lavora perché l’Italia rimanga un Paese vecchio”.

Il presidente dell’Agcom, Corrado Calabrò, ha prima di tutto sottolineato che molti paesi, anche fuori Europa, stanno investendo tantissimo su internet veloce, sulla fibra ottica e sulla banda larga. Ha poi esortato ad un “balzo di mentalità” pur nel rispetto delle regole “inefficienti” dell’Unione europea nel settore delle comunicazioni. Per Calabrò puntare a dare la banda larga, entro pochi anni, al 50% della popolazione italiana non è segno di incoerenza ma, sottolinea il presidente di Agcom, ci vogliono delle regole e, soprattutto, “bisogna che ci mettiamo tutti insieme, che gli operatori di telecomunicazione si mettano insieme e che lo faccia anche il governo”. In questo senso Calabrò ha applaudito alla decisione del viceministro Paolo Romani di convocare un tavolo di concertazione sulle reti di nuova generazione per il 24 giugno anche se ha esortato a “fare presto” perché, ha ricordato, “ci vogliono da tre a cinque anni almeno per una fibra funzionante e per portare a un cambiamento effettivo”.

Per arrivare allo start up e al passaggio dalla rete di rame a quella in fibra ottica, hanno sostenuto Franco Bassanini e Stefano Pileri, servono almeno quattro precondizioni. Prima di tutto l’esistenza di un’unica rete e un’intesa tra gli operatori delle telecomunicazioni per utilizzare tutti la stessa rete. Secondo, come ha sostenuto anche Calabrò, regole stabilite dall’Agcom e costi fissi. Terza precondizione è la partecipazione degli enti locali. Quarto, sostiene Pileri, che il passaggio dalle reti di rame a quelle in fibra ottica avvenga entro cinque anni. Solo in questo modo, sottolinea Pileri, l’Italia avrebbe qualche speranza di essere ancora competitiva rispetto agli altri Paesi che già adesso stanno investendo tantissimi soldi sulle reti di nuova generazione.

Eppure dal governo, come ha sottolineato Nicola Zingaretti, finora ci sono stati solo passi indietro, con il mancato finanziamento a progetti che vadano verso la banda larga per tutti. Per il presidente della Provincia di Roma manca la volontà politica per attuare un progetto simile. Eppure Paolo Gentiloni, che da “padrone di casa” ha tratto le conclusioni della discussione di oggi, si è detto ancora “fiducioso” che il “governo cambi idea e capisca l’importanza del salto in avanti”.

La politica, per Gentiloni, “deve astenersi dal fare danni e deve capire l’importanza della faccenda” perché, sostiene, “come Paese siamo lì lì per fare un passo in avanti sulle telecomunicazioni e il ritardo che abbiamo accumulato finora non è incolmabile” anche se, avverte, “ci dobbiamo muovere in pochissimi mesi e in questo è necessario un contributo del governo”. A tal proposito Gentiloni ha ricordato che nel Cipe di maggio il governo ha stanziato 16 miliardi per le infrastrutture e che quindi, a livelli di costi, i 50/100 milioni che si propone di stanziare per le nuove reti di Tlc, sarebbero alla portata delle spese dello Stato. Il governo finora, sottolinea “non ha deciso finanziamenti nè per chi non ha internet veloce, nè per la banda ultralarga” mentre quello che serve ora è proprio “uno slancio dal governo”. Ma, sottolinea l’esponente del Pd, “ad oggi non abbiamo nemmeno un ministro del governo Berlusconi che si occupi di telecomunicazioni…”.

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