Si va verso lo scalone unico, le statali in pensione a 65 anni dal 2012

L’anticipo al 2012 dell’età pensionabile a 65 anni per le lavoratrici del pubblico impiego, avverrà con un passaggio secco dagli attuali 61 anni a 65. Ma con una clausola di salvaguardia per le statali che matureranno i requisiti per andare in pensione entro il 31 dicembre 2011. E’ la proposta che dovrebbe arrivare domani al Consiglio dei ministri che dovrà decidere in che modo adeguarsi all’ultimatum di Bruxelles che ha chiesto all’Italia di anticipare il percorso di equiparazione dell’età di pensionamento di vecchiaia tra le donne e gli uomini del pubblico impiego.

L’adeguamento non dovrebbe inoltre prevedere alcuna deroga per le lavoratrici pubbliche in termini di allentamento dei criteri di uscita verso il pensionamento: lo slittamento di un anno delle finestre di uscita per la pensione varrà anche per le lavoratrici che vengono colpite dall’anticipo secco dell’ innalzamento a 65 anni. Per loro si era infatti ipotizzata una deroga che valesse solo per il 2012 e solo per le dirette interessate.

Lo scatto da 61 a 65 anni di età comporterà, complessivamente, un risparmio per le casse dello stato di 1,45 miliardi tra il 2012 e il 2019. La misura di allungamento dell’età pensionabile comporta infatti minori esborsi per 2 miliardi di euro ma, depurando la cifra dai maggiori costi che il mantenimento al lavoro delle lavoratrici pubbliche comporterà, la cifra si riduce. Nel computo entrano infatti i mancati risparmi derivanti dalla riduzione dell’effetto sul blocco, parziale, del turn over nel pubblico impiego, dal maggiore costo in termini di stipendi rispetto all’assegno pensionistico e dalla rivalutazione delle liquidazioni. Saranno comunque fatti salvi i requisiti maturati entro 2011: la bozza di riforma prevederebbe infatti una clausola di salvaguardia per evitare fughe dal lavoro, consentendo alle statali – che in base all’attuale normativa potrebbero andare in pensione a 61 anni anche durante il prossimo anno – di poter mantenere il requisito anche negli anni successivi, quando scatterà l’innalzamento a 65 anni.

La scelta di uno scalone unico avrà effetti meno “drastici” per le lavoratrici spiega il vicepresidente della Commissione lavoro alla Camera, Giuliano Cazzola, evidenziando come questa scelta ‘salva’ le lavoratrici che maturano nel corso del 2011 i requisiti previsti (61 anni di età e 20 anni di anzianità contributiva) per andare, se lo riterranno, in quiescenza. Contraria al drastico innalzamento è invece la Cgil: è una “cosa mai avvenuta al mondo che per una categoria ci sia da un giorno all’altro uno scatto di 5 anni” afferma il segretario generale, Guglielmo Epifani. Critica anche la Uil: la “presa di posizione della Commissione Europea ci sembra francamente una forzatura di cui non si capiscono nemmeno i vantaggi reali” afferma il segretario, Luigi Angeletti.

La norma sull’età di pensionamento delle dipendenti pubbliche, che verrà inserita molto probabilmente come emendamento alla manovra di correzione dei conti pubblici, inciderà su 32.300 lavoratrici che resteranno bloccate a lavoro tra il 2012 e il 2017. Tra queste ben 18 mila sono dipendenti della scuola, visto che dall’analisi dei dati storici risulta che il 56% delle donne che vanno in pensione di vecchiaia anticipata, appartengono al comparto della scuola. Solo nella scuola l’introduzione della finestra scorrevolé di 12 mesi, determinerebbe uno slittamento della spesa con conseguenti risparmi di 230 milioni l’anno. Nessun adeguamento è invece previsto per le lavoratrici private. Lo ha assicurato anche oggi il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi: “continueremo a mantenere invariata la differenza fra età di pensione degli uomini e delle donne nel privato. L’equiparazione – ha ribadito – sarà solo per le donne che lavorano nel pubblico impiego”.

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