Non sono mancati momenti di tensione a L’Aquila durante la Perdonanza Celestiana che da 716 anni si celebra nel capoluogo abruzzese,unl rito che garantisce l’indulgenza da ogni peccato ai fedeli “sinceramente pentiti e confessati” senza esborso di quel denaro che provocò lo scisma di Martin Lutero. L’evento si svolge ormai da oltre sette secoli, quando fu incoronato papa Celestino V, il papa che Dante nella sua Divina Commedia considerò un vile a causa del “gran rifiuto” della tiara dopo solo 5 mesi di pontificato.
Comitati spontanei hanno esposto striscioni contro il Governo e le autorità locali: ”Il gran rifiuto della cricca”, ”Cialente vergogna, Molinari vergogna, Letta vidi de jttene”. Gli striscioni hanno attirato l’attenzione delle forze dell’ordine, troppo zelantemente prontissime a rimuoverli tra le polemiche sfociate in alcuni tafferugli.
Gli eroi della campagna d’Abruzzo, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e il suo sodale Guido Bertolaso, capo della Protezione civile, non hanno avuto il coraggio di presentarsi all’Aquila e mostrare quella stessa faccia che avevano esibito con tanta arroganza e protervia esattamente un anno fa, durante il finissage del palcoscenico su cui si doveva svolgere il G8, dissenatamente trasferito all’Aquila dalla Sardegna con uno spreco di denaro pubblico enorme.
Le successive inchieste del settimanale l’Espresso e della Procura della Repubblica di Milano fecero capire dove, almeno in parte, erano finiti quei soldi: nelle tasche di una “cricca” di imprenditori e funzionari pubblici al cui vertice si trovavano Angelo Balducci, braccio destro di Bertolaso, e Diego Anemone, titolare di una azienda di costruzioni che era e probabilmente è una vera potenza nel settore pubblico.
Certamente Berlusconi e Bertolaso non hanno alcuna responsabilità penale personale del cattivo uso dei soldi pubblici, ma resta una responsabilità politica che l’uso e l’abuso dei mandati di cattura ha reso evanescente, facendo coincidere con il solo aspetto penale la gamma delle responsabilità di cui può essere chiamato a rispondere un esponente politico.
Non si può dimenticare l’uso di passerella elettorale del governo del fare cui Berlusconi ha piegato il dramma abruzzese e ancor meno la boria e la spocchia di Bertolaso tronfio di una realizzazione irrealizzata, giunto a parlare di se stesso in terza persona e a sputare imbarazzanti sentenze sull’ intero esercito americano.
Al di là dell’inchiesta sulla “cricca”, le vicende Abruzzesi hanno poi preso una piega ben diversa da quella sognata da B & B anche e soprattutto per l’errore di impostazione strategica dato alla ricostruzione da Bertolaso e anche i limiti culturali e formativi di una persona indubbiamente capace di organizzare un raduno da un milione di pellegrini meglio di un questore o di un comandante dei vigili urbani, anche grazie a poteri straordinari di cui quei poveretti non dispngono, ma altrettanto indubbiamente incapace di affrontare un compito che avrebbe richiesto una capacità di visione degna di Robert Moses.
Questo spiega perché né Berlusconi né Bertolaso hanno avuto il coraggio di venire all’Aquila e hanno mandato ad affrontare la gente inferocita il solito solo Gianni Letta, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, il quale, con raro spirito di servizio e abnegazione, ha bevuto l’intero calice di amarezze senza raccogliere provocazioni né insulti.
Letta, che per arrivare in piazza Duomo ha fatto un percorso alternativo “solo per problemi di viabilità” hanno spiegato dalla Questura, si è limitato a commentare con i giornalisti: ”Oggi è il giorno della Perdonanza”, inviando ”un messaggio di pace, di armonia e di fiducia agli aquilani e ai cittadini del cratere del terremoto”.
Del resto, durante le proteste, fra i cittadini presenti nel centro storico c’è stato uno scambio di accuse: “Durante il corteo – hanno detto alcuni – sarebbe stato meglio non alzare i toni, per rispetto”. ”Non rovi il niamo la Perdonanza” ha detto il sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente invitando alla calma. ”Questa giornata è particolare come il 6 aprile, ognuno si rapporta a giornate come questa in base alla propria sensibilità”.
Non è la prima volta che la Perdonanza è al centro di polemiche e discussioni. L’anno scorso era coincisa con un evento che portò ad una spaccatura tra Governo e Chiesa: il caso Boffo, che divise l’Italia e portò a scambi di accuse di “falsi moralisti”. Ma non solo. Il caso Boffo in concomitanza della Perdonanza e il conseguente gelo calato sull’atteggiamento del Vaticano verso Berlusconi , per via della campagna de Il giornale contro l’ex direttore dell’Avvenire, portò ad una domanda: quanto costerà agli italiani la riappacificazione tra il premer ed il Vaticano? Forse è bastato un solo inchino con bacio all’anello papale, forse una montagna di appoggi a campagne pro-Vaticano, forse molto altro.
tornando però alla cronaca della giornata di sabato scorso, la polizia ha definito le contestazioni come libere manifestazioni di pensiero da parte di persone conosciute. Gli striscioni sono stati alla fine tolti da chi li aveva portati. Il Corteo ha fatto il suo percorso regolarmente e, nel tardo pomeriggio di sabato, con i tre colpi rituali, il cardinale Walter Kasper, presidente emerito del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, ha aperto la porta Santa, spalancando l’entrata della Basilica di Collemaggio a migliaia di fedeli riuniti in occasione della Perdonanza Celestiniana.
I cittadini hanno difeso gli striscioni incriminati con un cordone umano che ha fronteggiato la polizia. La gente al passaggio di Cialente ha urlato: “Portate via la polizia”. In piazza anche il presidente della Regione Gianni Chiodi. I manifestanti hanno consegnato anche a lui una copia dei volantini che vengono distribuiti. Alcune persone stanno raccontando al presidente di essere stati spintonati dalla polizia.
Distribuiti anche dei volantini con la scritta “Nessuna passerella per chi rideva quella notte”.
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