ROMA – Perquisizioni sono state effettuate, su disposizione dei magistrati di Napoli che indagano sulla cosiddetta P4, nei confronti di Agostino Rodà, 76 anni, di Napoli, suocero del deputato Alfonso Papa (Pdl)- membro della commissione Giustizia della Camera, indagato nel procedimento – e del consulente immobiliare romano quarantacinquenne Gianluca Tricarico.
In entrambi i casi le perquisizioni erano finalizzate soprattutto a ricostruire i rapporti – che si sospettano illeciti – tra vari soggetti, compresi alcuni imprenditori e gli stessi perquisiti, con Papa, accusato di essere uno degli organizzatori e partecipanti della presunta associazione segreta che avrebbe anche interferito sulle funzioni di organi costituzionali, condizionandone le scelte. Le perquisizioni sono state eseguite a Roma e Napoli da carabinieri e Guardia di Finanza.
In particolare, secondo quanto riferito dall’Ansa, i pm Francesco Curcio e Henry John Woodcock avrebbero riscontrato una ”anomala” disponibilità da parte di Papa di alcuni immobili che non sono di proprietà del deputato e il cui affitto viene pagato da altri: o ”noti imprenditori” o parenti di Papa. E’ il caso, appunto, di Rodà, il suocero, che secondo quanto riferito da un testimone, pagherebbe un affitto mensile di 1.800 euro per un ”prestigioso appartamento” nel centro di Roma, in via Capo le Case, saltuariamente occupato da Papa.
Il sospetto degli inquirenti è che Papa gestisca dei rapporti illeciti con alcuni imprenditori attraverso soggetti a lui ”vicini”, come appunto Rodà: altrimenti, viene sottolineato, non si capirebbe perché quest’ultimo si sarebbe dovuto accollare il pagamento dell’affitto dell’appartamento. Un appartamento, peraltro, che risulta essere stato procurato dal consulente Gianluca Tricarico (l’altro perquisito) che avrebbe anche acquistato una Ferrari risultata nella disponibilita’ del parlamentare.
Nell’inchiesta della procura di Napoli sono indagati oltre allo stesso Papa, l’ex giornalista Luigi Bisignani (definito nell’imputazione un ”soggetto più che inserito in tutti gli ambienti istituzionali e con forti collegamenti con i servizi di sicurezza”); il sottufficiale dei carabinieri di Napoli Enrico La Monica e l’assistente della Polizia di Stato Giuseppe Nuzzo, in servizio al commissariato di Vasto Arenaccia.
Tutti e quattro, insieme ad altri appartenenti alle forze di polizia in corso di identificazione, avrebbero dato vita ad una organizzazione a delinquere finalizzata a compiere un numero indeterminato di reati contro la pubblica amministrazione e contro l’amministrazione della giustizia. In due modi: da un lato, acquisendo in ambienti giudiziari napoletani informazioni riservate e secretate relative a delicati procedimenti penali in corso e, dall’altro, notizie riguardanti ‘dati sensibili’ e personali su esponenti di vertice delle istituzioni ed alte cariche dello Stato. Informazioni e notizie che sarebbero state gestite ed utilizzate in modo ”illecito” con lo scopo ultimo di ottenere ”indebiti vantaggi ed utilità”.
Gli indagati, sempre secondo l’ipotesi accusatoria, avrebbero poi dato vita ad una associazione segreta, vietata dall’articolo 18 della Costituzione, nell’ambito della quale avrebbero svolto ”attività dirette ad interferire sull’esercizio delle funzioni di organi costituzionali, di amministrazioni pubbliche, anche ad ordinamento autonomo, di enti pubblici anche economici, nonché di servizi pubblici essenziali di interesse nazionale”. Il sottufficiale dell’Arma La Monica, in particolare, avrebbe rivelato in più occasioni notizie coperte da segreto (raccolte anche presso altri appartenenti alle forze dell’ordine) in cambio della promessa di essere sponsorizzato per l’assunzione all’Aise, i servizi segreti militari.
Ad avviso degli inquirenti il quadro indiziario è già ”nitido” ed avrebbe portato alla luce un ”sistema criminale” ben congegnato e co-gestito ”sia da soggetti formalmente estranei alle Istituzioni pubbliche e alla pubblica amministrazione sia, invece, da soggetti espressione delle Istituzioni dello Stato”, tra i quali vengono indicati ”parlamentari della Repubblica, appartenenti alle forze dell’ordine” ed anche ”faccendieri”.