Non sarà il question time di mercoledi del ministro Frattini alla Camera a risolvere la questione, perchè la questione è più grossa e ispida di una raffica di mitragliatrice libica contro un peschereccio italiano. La questione è che gli italiani devono mettersi d’accordo con se stessi e decidere di conseguenza se vogliono o no dirsi la verità. Quella vera e tosta e non quella che un ministro può offrire ai deputati come ricostruzione di un “incidente”. La questione è che all’ultimo sondaggio, fresco di settimana, l’83 per cento della pubblica opinione si è detto favorevole e concorde a limitare, ridurre, spegnere l’arrivo di immigrati in Italia. Clandestini soprattutto s’intende, ma anche quelli regolari…Quell’83 per cento, percentuale che non ammette discussioni e distinguo troppo impegnative e sottili, non ha detto limitare, ridurre, spegnere “con ogni mezzo”. Non lo ha detto anche e soprattutto perché nessuno glielo ha domandato. Fosse stata aggiunta anche questa “precisazione”, la percentuale di No all’immigrato sarebbe probabilmente scesa, ma la plebiscitaria maggioranza riscontrata non sarebbe diventata minoranza. “Con ogni mezzo” è un “non detto”. Un non detto però non negato e non escluso. Ed è in quel “non detto” che nasce “l’incidente” del peschereccio Ariete.
Un “non detto” sul quale il ministro degli Interni Maroni ha, non si sa quanto involontariamente sollevato un velo: “Chi ha sparato non ha capito si trattava di un peschereccio, pensavano forse fosse un’imbarcazione di immigrati”. Voce dal sen fuggita, voce di ministro che fa capire che sui pescherecci non si spara, ma sulle imbarcazioni degli immigrati… Ricostruiamo, per quel che se ne sa, quel che è accaduto al largo della Libia. Una motovedetta regalata dallo Stato italiano ai libici per pattugliare il mare, una motovedetta con comandante libico ma con a bordo ben sei italiani “prestati” dalla Guardia di Finanza, intercetta l’Ariete e gli intima di spegnere le macchine e di fermarsi. Chi impartisce l’ordine lo fa in italiano, è un italiano, dice: “Fermatevi, se no questi sparano”. Impensabile che un ufficiale della Guardia di Finanza italiana si presti a questo “avviso” se pensa che l’Ariete sia “colpevole” solo e soltanto di eventuale pesca in acque rivendicate dalla Libia. Più plausibile che quella voce italiana e quell’ufficiale italiano si esprimano e comportino così perché da tempo e d’abitudine le imbarcazione “sospette” di essere cariche di immigrati vanno sempre e comunque fermate. Fermarle, più o meno ad ogni costo, questo deve essere l’ordine e la prassi, libica e anche italiana. Questo deve essere il succo e il senso dell’accordo tra Roma e Tripoli, per questo la motovedetta è stata regalata e gli uomini della Guardia di Finanza sono prestati. Per bloccare gli immigrati che vanno in Italia, mica per fare la guardia al pesce libico.
Se così stanno le cose, “l’incidente” è un po’ meno “incidente”. Incidente che mai doveva accadere e probabilmente mai accadrà più è sparare a pescatori italiani sotto la “osservazione” di uomini in divisa italiani. Incidente che può spesso accadere e probabilmente tornerà ad accadere è sparare per fermare un barcone di clandestini. Sparare è brutto e non si fa, direbbe la maggioranza degli italiani se interrogata in proposito. Ma è la stessa maggioranza di italiani che vuole che il suo governi fermi gli immigrati. E, per fermarli, se qualche volta non si spara, come si fa? Ecco perchè gli italiani dovrebbero mettersi d’accordo con se stessi. E decidere se vogliono o no sapere la verità. Verità che dice che Roma e Tripoli hanno firmato un accordo per fermare i “barconi”. Con le buone, con il pattugliamento. Ma qualche volta ovviamente ci scappano le “cattive”, il mitragliamento. Il governo italiano non è “inerte” come dice monsignor Mogavero, è anzi attivo, eccome. I libici fanno a loro modo quel che Roma gli ha chiesto. E allora l’incidente dell’Ariete pone la domanda, quella vera: gli italiani sono d’accordo sulla linea che ai pescherecci non si spara ma ai barconi, se necessario, sì? Gli italiani dovrebbero rispondere con sincerità, soprattutto a se stessi, in un question time privato, davanti allo specchio. Poi se ne potrà parlare con sincerità e senza ipocrisie, di gente e di governo, in Parlamento.