Le piroette di Bossi, la rabbia di Maroni e la poltrona a Reguzzoni: Lega sull’orlo di una crisi di nervi

ROMA – Confusione e tensione. Sono le parole che meglio di altre descrivono quello che sta succedendo all’interno della Lega Nord, sempre più divisa e più incerta sulla leadership di Umberto Bossi. Ed è proprio il Senatur, in vena di piroette dialettiche, a non aiutare chi tenta di fare chiarezza. Basta prendere la questione Alfonso Papa, parlamentare del Pdl su cui pende una richiesta di arresto nell’ambito dell’inchiesta sulla P4. Sul tema, Berlusconi ha parlato una volta e lo ha fatto in modo chiaro: “Bisogna votare no all’arresto”. Il Bossi delle ultime 72 ore, invece, è una costante sfida all’aristotelica logica della non contraddizione. Venerdì, infatti, Bossi ha esordito con un “classico” leghista in materia: “In Galera”. Salvo poi rimangiarsi tutto completamente la mattina successiva: “Papa? Non possiamo mandarlo in carcere, non sappiamo se è colpevole. Dobbiamo votare no”.  Rotazione di 360 gradi chiusa domenica sera: “La Lega voterà sì all’arresto. Anche se io rimango perplesso”.

Bossi, evidentemente, almeno per il momento vuole evitare lo scontro frontale con Roberto Maroni dentro la Lega. Arresto o meno, però, come spiega sulla Stampa Amedeo La Mattina, le frizioni tra il Senatur e il ministro dell’Interno restano. E sono destinate a riaccendersi attorno alla figura del capogruppo leghista Marco Reguzzoni, fedelissimo di Bossi, di cui Maroni ha chiesto, senza ottenerla, la testa qualche settimana fa. Ora il nome di Reguzzoni, scrive La Stampa, è quello che circola per la poltrona di ministro delle Politiche comunitarie, quello lasciato da Andrea Ronchi al momento della sua (breve) fuga verso Fli.

Maroni difficilmente gradirà. Bossi e Berlusconi, scrive La Mattina, puntano ad accontentarlo con la nomina a capogruppo di un suo fedelissimo, probabilmente Stucchi. Sulle poltrone, in qualche modo, mediare è possibile. Più complessa, invece, la situazione arresti. Il ministro dell’Interno è favorevole in modo chiaro agli arresti, anche perché dopo Papa e Milanese potrebbe persino toccare a Saverio Romano. E uno sospettato di mafia, è il Maroni pensiero, non è “salvabile”. L’elettorato leghista e il Paese intero non perdonerebbero.

Per ora tra i maroniani e il cosiddetto “cerchio magico” attorno a Bossi (che la Stampa definisce filoberlusconiano) il confilitto è rimandato. Certo, se dovesse esplodere a settembre, andare avanti, per il governo, sarebbe quasi impossibile.

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Emiliano Condò