FANO – Se 100mila giovani se ne sono andati dall’Italia, “non è che qui sono rimasti 60 milioni di pistola…”. Così il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, parlando coi giornalisti a Fano, torna a mettere il dito nell’ormai annosa piaga dei cosiddetti cervelli in fuga. E lo fa scivolando, come già a suo tempo accadde con i “choosy” della Fornero e i “bamboccioni” di Padoa Schioppa. “Conosco gente – ha detto Poletti – che è andata via e che è bene che stia dove è andata, perché sicuramente questo Paese non soffrirà a non averli più fra i piedi”.
Parole che, neanche a dirlo, hanno scatenato un putiferio di polemiche. “Giovani umiliati da voucher e insultati da Poletti – twitta il grillino Luigi Di Maio – Vada via lui, non i giovani”. Mentre Niki Vendola gioca di specchio riflesso: “Andrebbe bene se ci togliessimo Poletti dai piedi”. Di “dimissioni” ha parlato l’ex compagno di partito Stefano Fassina, ora Sinistra Italiana. Barbara Saltamartini (Lega) definisce “offensive e arroganti” le parole del ministro.
In realtà Poletti aveva provato a mettere la pezza fin da subito. Questo il suo ragionamento: “Intanto – ha sostenuto – bisogna correggere un’opinione secondo cui quelli che se ne vanno sono sempre i migliori. Se ne vanno 100mila, ce ne sono 60 milioni qui, sarebbe a dire che i 100mila bravi e intelligenti se ne sono andati e quelli che sono rimasti qui sono tutti dei pistola. Permettetemi di contestare questa tesi”.
Detto questo, ha concluso il ministro del Lavoro, “è bene che i nostri giovani abbiano l’opportunità di andare in giro per l’Europa e per il mondo. E’ un’opportunità di fare la loro esperienza, ma debbono anche avere la possibilità di tornare nel nostro Paese. Dobbiamo offrire loro l’opportunità di esprimere qui capacità, competenza, saper fare”.
A stretto giro poi il ministro è tornato sull’argomento e in una nota si è scusato: “Evidentemente mi sono espresso male e me ne scuso. Non mi sono mai sognato di pensare che è un bene per l’Italia il fatto che dei giovani se ne vadano all’estero. Penso, semplicemente, che non è giusto affermare che a lasciare il nostro Paese siano i migliori e che, di conseguenza, tutti gli altri che rimangono hanno meno competenze e qualità degli altri. Ritengo, invece, che è utile che i nostri giovani possano fare esperienze all’estero, ma che dobbiamo dare loro l’opportunità di tornare nel nostro paese e di poter esprimere qui le loro capacità e le loro energie”.