Il disegno di legge sul processo breve potrebbe avere come conseguenza il sostanziale affossamento della cosiddetta “legge Pinto” che dà la possibilità al cittadino di ottenere un risarcimento per l’eccessiva durata della vicenda giudiziaria che lo ha interessato.
Il disegno di legge interviene sulla scia delle preoccupazioni per il moltiplicarsi dei risarcimenti e del loro peso economico, mettendo una serie di paletti che hanno di sicuro l’effetto di un immediato disincentivo. Queste richieste di indennizzo, nel primo semestre del 2009 hanno superato quota 17mila, con una proiezione a fine anno di oltre 34mila (nel 2008 ne sono state presentate 28mila). Il punto di partenza è costituito dalla determinazione di un limite massimo di tempo per ogni grado di giudizio. Il processo-tipo infatti non potrà durare più di 10 anni e mezzo: due anni per ognuno dei tre gradi, più uno in caso di rinvio da parte della Cassazione. Ciascuno di questi termini potrà poi essere aumentato della metà da parte dell’autorità giudiziaria.
I procedimenti civili che andranno oltre questo limite saranno di fatto e di diritto considerati di durata irragionevole e, quindi, suscettibili di dare luogo a un risarcimento per il danno provocato alle parti. Il disegno di legge si preoccupa, in linea con quanto stabilito nel penale dove la data di riferimento è quella del rinvio a giudizio, di determinare con precisione il giorno da cui iniziare il conteggio dei termini.
Sono previste anche dei limiti ai rinvii chiesti o permessi alla parte: sono infatti proprio le parti in causa ad essere chiamate in discussione per la loro inerzia che provoca molte volte un considerevole allungamento del processi.
