ROMA – Argomenti trattati solo una volta a settimana, par condicio anche nella satira, responsabilità penale del conduttore, palinsesti decisi dalla commissione di Vigilanza (organo politico) e direttore generale eletto a direttore editoriale. Il Pdl di nuovo all’attacco dei talk show e di quella che definisce la “predominanza della sinistra” nella tv pubblica. Il nuovo “bavaglio” messo a punto dal centrodestra per la Rai, secondo quanto scrive ‘La Repubblica’, segue una linea maestra: “I programmi Rai devono rappresentare la maggioranza”. Porta la firma del senatore Pdl della Vigilanza Rai Alessio Butti che ha messo nero su bianco le sue proposte in un “Atto di indirizzo sul pluralismo” che verrà votato dalla commissione la prossima settimana, mercoledì probabilmente.
Cosa dice questo “atto di indirizzo”? Prima di tutto stabilisce che se una trasmissione Rai tratta un argomento, mettiamo il caso Ruby, per i successivi otto giorni gli altri programmi Rai non ne potranno parlare. Se ad esempio il lunedì Bruno Vespa a ‘Porta a Porta’ parla di Berlusconi e dei festini ad Arcore, l’argomento per tutta la settimana è esaurito: ovvero non ne potranno parlare Ballarò il martedì o Annozero il giovedì. Poi ancora, durante un programma di satira come ‘Parla con me’ di Serena Dandini, anche le imitazioni dovranno avere il contraddittorio: se si manda in onda l’imitazione di Augusto Minzolini si deve fare anche quella di un giornalista “di sinistra”, come può essere Gad Lerner. Per “sistemare” anche un programma come ‘Report’ si stabilisce che ad avere la responsabilità legale di ciò che si manda in onda, non sarà l’azienda bensì il conduttore.
Secondo Butti la Rai è “dominata” dalla sinistra, la tv di Stato “relega in posizioni assolutamente minoritarie le idee, i valori e le proposte della maggioranza degli italiani” e quindi si deve “riequilibrare la situazione”. E come farlo se non impedendo ai talk show di trattare certi argomenti e introducendo la par condicio anche nei programmi di satira? Certo, l’atto indirizzo non è vincolante, ma può diventare uno strumento utilissimo per il direttore generale Mauro Masi.
Butti spiega la sua proposta. “È opportuno – dice – che i temi prevalenti di attualità o di politica trattati da un programma non costituiscano oggetto di approfondimento di altri programmi, anche di altre reti, almeno nell’arco di otto giorni successivi alla loro messa in onda”. Sul rispetto di questa regola vigila “la direzione generale” per scongiurare “ripetizioni artificiose o la compressione di temi socialmente e politicamente rilevanti”.