
ROMA – Il Consiglio dei ministri non ha formalizzato la nomina di Renato Botti a subcommisario della Regione Lazio: indicato come garante e prezzo dello scambio di larghe intese locali Pd-Pdl, Botti, per anni a Milano uomo della coppia Formigoni-Dacò, oggi sembra non conoscerlo più nessuno. “Il nome non è uscito dal ministero della Salute”, prende le distanze lo staff del ministro Pdl Beatrice Lorenzin e non si capisce, allora, perché i colleghi di partito, specie a Roma, l’abbiano accusata di non averli nemmeno interpellati.
Si dichiara estraneo alla nomina Nicola Zingaretti, presidente Pd della regione Lazio e attuale commissario alla spesa sanitaria, il quale precisa che la questione è di pertinenza governativa. Digerire il nome di Botti, super esposto con la gestione allegra della sanità lombarda a guida Pdl, sarebbe complicato per l’opinione pubblica di centro-sinistra: a meno che il nome di Botti non sia servito come merce di scambio per ottenere dal Governo l’autorizzazione a dirottare l’extra gettito delle addizionali regionali Irpef e Irap al collega sindaco Ignazio Marino per offrire una boccata d’ossigeno da 140 milioni di euro al disastrato bilancio del Comune di Roma.
Eppure, se non fossero uscite le indiscrezioni sulla stampa, probabilmente oggi la regione Lazio avrebbe avuto il subcommissario alla sanità, perché non si scappa: la nomina deve avere le indicazioni del ministero della Sanità e l’assenso del ministero dell’Economia, i due dicasteri che dovrebbero vigilare sul deficit delle casse laziali; il presidente Zingaretti sino a metà luglio aveva dato incarico all’Agenas, l’agenzia a cui aveva affidato il compito di selezionare da una mega lista di oltre 900 nomi, i primi cinquanta con le carte in regola. A metà novembre, i manager erano ridotti ai sei, e sono stati tutti bocciati. Botti era il nome tirato fuori dal cilindro? (Valerio Cattano, Il Fatto Quotidiano)
Sul versante Pdl, la vicenda può essere parzialmente ricostruita a partire dalle fibrillazioni interne e dalla lotta di potere tra governisti e lealisti che ha spaccato il partito, con la complicazione che Botti ha fatto in tempo a passare da giovane emergente piazzato a sorpresa in Regione Lombardia alla direzione generale nel 1997, a grande accusatore di Pierangelo Daccò, il braccio destro di Formigoni (Botti: “mi disse chiaramente che avrei dovuto favorire imprenditori, ospedali, istituzioni private segnalati da loro”). Tralasciando per un momento il candidato Botti a subcommissario, concentriamoci sul commissario, Nicola Zingaretti. Il responsabile del bilancio della amministrazione regionale commissariata siede sopra una montagna di debiti:
L’indebitamento finanziario della Regione ammonta a 11,7 miliardi estinguibili in 24 anni, di cui 11,259 miliardi a carico dell’ente e 500 milioni a carico dello Stato, con una rata annua di rimborso di quasi un miliardo (dati 2012). Il 77% di questa montagna di debito è verso ministero delle Finanze, Cassa depositi e prestiti (Cdp) e per solo 100 milioni verso Bei (banca europea investimenti). Il 33% è ripartito tra primarie banche quali Citibank, Dexia, Ubs e UniCredit. Inoltre è in corso dal 2003 un’operazione di finanza strutturata (vendita e riacquisto a 30 anni di 56 complessi ospedalieri) che ha permesso alla Regione di raccogliere le risorse finanziarie per coprire i disavanzi pregressi del servizio sanitario. Accanto al debito finanziario ce n’è poi un altro di natura commerciale, per la maggior parte verso fornitori, che determina un disavanzo complessivo di altri 12,166 miliardi (comprensivi di 5,7 miliardi di fondi perenti su cui sono in corso accertamenti). La somma di questi due numeri dà un debito totale, finanziario e non finanziario, di quasi 24 miliardi. (Giuseppe Oddo, Sole 24 Ore)
Per ora Renato Botti resta sub judice, forse in attesa che la nottata passi o che lo scambio di larghe intese si concretizzi sotto altri auspici (e altre nomine): il Governo non ha deciso su Botti, ma che un contribuente, per esempio di Latina, o di Viterbo, debba vedere destinate le tasse che paga alla regione per favorire un altro Comune, quello non è in discussione.
