ROMA – “Tra cinque anni mezza Europa ci copierà la legge elettorale“. Con questa scommessa il premier Matteo Renzi si è rivolto agli studenti della Luiss School of Government, riferendosi all’Italicum, ora al vaglio del Parlamento:
“Il premio di maggioranza previsto nell’Italicum – ha detto il premier – consente di superare il meccanismo devastante del potere di veto da parte delle forze politiche minori”.
A colloquio con gli studenti il premier si è tolto “qualche sassolino”, a proposito dei recenti malumori per i tempi accelerati del suo governo:
“deriva autoritaria delle riforme – sostiene Renzi – è il nome che taluni commentatori e professori un po’ stanchi danno alla loro pigrizia. Lo dico con il massimo rispetto…E’ una falsità evidente e denota scarsa visione dire che si sta creando un sistema che dà a uno solo il potere di decidere. Il presidente del Consiglio non può revocare un ministro, un suo collaboratore. Questa è una parte che non si tocca con la riforma costituzionale. Chi è legittimato a decidere non è un dittatore perché se non prende decisioni consegna il Paese alla palude. Decidere, se legittimati a farlo, è democrazia. Tradisce la fiducia chi passa il tempo a vivacchiare senza che l’Italia abbia le riforme necessarie”.
E aggiunge:
“Il sistema in cui non decide nessuno si chiama anarchia, quello in cui uno può decidere si chiama democrazia. Il diritto/dovere di rispettare l’esito del voto e consentire al partito che ha vinto le elezioni di realizzare il programma, è la banalità, l’abc di un sistema di governance: senza non c’è possibilità per l’Italia di essere credibile”-
Concludendo che “sono maturi i tempi per cui l’articolo 49 della Costituzione conosca una seria e sana legge di applicazione”. Il riferimento è alla norma che regolamenta i partiti e i sindacati.
Agli studenti Luiss Renzi rivolge più di una carezza, arrivando a negare esplicitamente il valore legale del titolo di studio:
“Il luogo comune – ha detto il premier – per cui tutte le università sono uguali, è chiaramente una finzione”.
Per poi rilanciare la sua Buona Scuola:
“L’Italia dei prossimi 50-100 anni sarà non come sarà fatta dalla riforma del lavoro, che difendo, o la riforma della P.a., su cui ci giochiamo molto, o come le riforme istituzionali, ma sul modello educativo. Su questo ci giochiamo una delle chance di essere superpotenza mondiale. C’è bisogno di una scommessa sulla scuola”.
Arriva al paradosso:
“La penso come Umberto Eco: i Promessi sposi a scuola andrebbero proibiti per legge. Perché obbligarli li ha resi odiosi e invece così tornerebbe il fascino per un capolavoro assoluto”.
Parla di lotta alla corruzione e rivendica “la centralità della politica”:
“Siamo un paese in cui i ministri cambiano ogni anno e i tecnici rimangono per sempre. Per cui chi comanda davvero è il tecnico. C’è chi dice che per combattere la corruzione ci vogliono nuove leggi, ed è vero in parte. Per combattere la corruzione bisogna innanzitutto rispettare le leggi esistenti e non rubare”.
Sul tema delle dimissioni dei sottosegretari del ministero delle Infrastrutture dopo l’abbandono del ministro Maurizio Lupi, afferma:
“Quando dico che un sottosegretario indagato non si deve dimettere, e perdo voti per questo, sto difendendo il principio di Montesquieu per cui non ci può essere nesso tra avviso di garanzia e dimissione”, altrimenti “i magistrati decidono sull’esecutivo”.
Infine torna a difendere il Jobs Act:
“Non accetto che ci sia chi si definisce di sinistra perché difende l’articolo 18, come se chi ha voluto cambiarlo non sia di sinistra. Non credo si possa andare avanti sul termine flessibilità, ora è il momento di spostarsi sulla creazione di un nuovo welfare in grado di garantire tutti”.